Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo

Emilio GentileEmilio Gentile (Bojano, 1946) è uno storico italiano, docente di storia contemporanea all'Università La Sapienza di Roma. Collabora a giornali e riviste. Ha insegnato in Australia, Francia e Stati Uniti. È considerato, anche a livello internazionale, fra i massimi storici italiani del fascismo.

Dall'Introduzione del libro:

Questo libro racconta la storia della Grande Guerra con il proposito di offrire ai lettori una esposizione dei fatti essenziali, che sono parte integrante di una narrazione che si svolge simultaneamente attraverso il linguaggio verbale e il linguaggio iconografico. La storia di questi fatti contiene nella trama del racconto l'interpretazione del loro significato, escludendo la necessità inevitabile degli eventi e attribuendo ai singoli individui le responsabilità delle loro decisioni, pur senza escludere l'aleatorio ma volte decisivo intervento del caso nelle vicende umane. L'opera dimostra come la Grande guerra non fosse per nulla inevitabile e come fu la fine del mondo fondato sul primato mondiale dell'Europa e sulla fede nel progresso di una modernità trionfante guidata dalla ragione.

La disfatta di Caporetto: l'entità della catastrofe.

La ritirata di Caporetto. La ritirata di Caporetto (Fonte: Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo)

pag 139: "Le truppe italiane, colte impreparate nella notte tra il 24 e il 25 ottobre, cedettero in una fuga disordinata, che si trasformò in rotta. Il 27 ottobre, il generale Cadorna ordinò la ritirata fino al Tagliamento, che avvenne confusamente sotto una pioggia torrenziale, metre alcuni reparti italiani continuavano a combattere con valore. 350.000 soldati si sbandarono fuggendo verso l'interno, abbandonando armi e uniformi:

'Nelle strade si vedeva lo sfacelo - scriveva nel suo diario un sottotenente fatto prigioniero-. Carri, camions, trattrici abbandonate. Cavalli morti per la fatica e per la fame. Vestiario buttato e camniato col nuovo trovato nei magazzini abbandonati e colmi d'ogni bene'.
Profughi a Sacile dopo la rotta di Caporetto. Profughi a Sacile dopo la rotta di Caporetto (Fonte: Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo)

Le perdite italiane furono gravissime: oltre 10.000 morti, 29.000 feriti, 290.000 prigionieri, grossi quantitativi di armamenti abbandonati al nemico, e poco meno di mezzo milione di profughi civili che fuggivano dalle terre occupate dalle truppe austriache. Il 2 novembre gli austro-tedeschi attraversarono il Tagliamento e fecero arretrare gli italiani fino al Piave. In una decina di giorni, gli italiani presero tutto il terreno conquistato in due anni di guerra con migliaia di morti, mentre gli austriaci invasero il territorio italiano fino a giungere a una cinquantina di chilometri da Venezia. Per un anno, le truppe austro-tedesche occuparono il Friuli e il Veneto, dove avvenne quel che avveniva in tutte le zone occupate: profughi in fuga, saccheggi, requisizioni, stupri, repressione feroce, mentre la popolazione era messa alla fame. L'esercito italiano si attestò sul Piave, dove dall'inizio di novembre riuscì a riorganizzarsi e a resistere."

La fine di un mondo e la distruzione della civiltà europea

Quali furono le conseguenze per l'Europa dei due colpi di pistola sparati a Sarajevo il 28 giugno 1914?

L'assassinio dell'arciduca e della moglie (copertina della Domenica del Corriere di Achille Beltrame) L'assassinio dell'arciduca e della moglie (copertina della Domenica del Corriere di Achille Beltrame. Fonte Wikipedia)

Un mese dopo esplode la guerra europea: in quattro anni, diventa la prima guerra mondiale. Milioni di soldati vivono nelle trincee una quotidiana esistenza di degradazione e di orrori, massacrandosi in inutili carneficine di massa.
Il risultato più immediato di questa "catastrofe della modernità" furono i dieci milioni di morti a cui bisogna aggiungerne altrettanti tra feriti, invalidi e mutilati

p. 197 "In pochi mesi, l'epoca bella della modernità trionfante si era tramutata nell'epoca tragica della modernità massacrante. L'orgoglio dell'umanità progredita si era trsformato nella furia omicida della stessa umanità, che aveva concentrato tutte le sue energie morali e tutte le sue forze produttive in una guerra senza fine, dove l'unico scopo era l'annientamento del nemico. [...]

"La tutela della vita umana, la libertà delle persone, la ricerca della verità, la solidarietà fra i popoli civilizzati, che erano state fino al 1914 gloria e vanto del primato europeo nel mondo, apparivano irreparabilmente violate dall'irrompere delle più feroci passioni umane scatenate nella carnefincina di massa.

'La guerra – constatava un soldato francese – non ha fatto di noi soltanto dei cadaveri, degli impotenti, dei ciechi, ma, nel bel mezzo di stupende azioni di sacrificio e di abnegazione, ha risvegliato nel nostro animo antichi istinti di crudeltà e di barbarie, talvolta portandoli al parossismo. A me è capitato, a me che mai ho dato un pugno a qualcuno, a me che ho in orrore il disordine e la brutalità, di provare piacere nell'uccidere.'.

Difficile calcolare quanto combattenti sperimentarono in se stessi l'imbarbarimento della propria personalità, ma le testimonianze sono numerose. Dopo la fine della guerra in una 'Europa abbandonata a se stessa' nel disordine violento di una pace senza pacificazione, Robert Musil constatava che l'uomo moderno aveva generato nella Grande Guerra il moderno barbaro:

'Eravamo dei cittadini laboriosi, siamo diventati degli assassini, dei macellai, dei ladri, degli incendiari e roba simile.'