I numeri dei profughi: le statistiche

"Si è parlato ovviamente molto dei soldati, poi si è parlato dei feriti, dell'aspetto legato alle cure farmaceutiche, dell'assistenza medica e infermieristica, anche degli animali legati alla guerra.
Si è parlato poco dei civili, quelli che non hanno partecipato alla guerra, quelli che la guerra l'hanno subita.

Si vedono le battaglie, ci si dimentica dei soldati. Si vedono i soldati, ci si dimentica dei civili."

Silio Rigatti Luchini

Intervento del Prof. Rigatti Luchini nel 2018
in occasione del Centenario della fine della Prima Guerra Mondiale
Video disponibile su Mediaspace

La prima guerra mondiale, come tutti i conflitti di tale portata, causa uno spostamento in massa di popolazioni costrette a lasciare le proprie terre. La Grande Guerra coinvolge attivamente il Regno d'Italia per 1250 giorni, dal 24 maggio 1915 al 4 novembre 1918. In questo lungo periodo si verificano tre diversi flussi di profughi:

  1. un primo flusso, abbastanza modesto e volontario, avviene fin dai primi mesi di guerra, a seguito della occupazione da parte delle truppe italiane di alcune zone del Trentino meridionale, tra cui Cortina d'Ampezzo e del Friuli orientale, tra cui Aquileia, Caporetto, Cervignano, Cormons, Gradisca d'Isonzo, Grado e Monfalcone;
  2. un secondo flusso nell'estate del 1916 di circa 76 mila profughi della provincia di Vicenza avviene quando parte del territorio – particolarmente l'altipiano di Asiago – viene invaso dal nemico durante la Strafexpedition e sgomberato per necessità belliche o perché soggetto al tiro delle artiglierie nemiche. Questo secondo esodo più consistente di profughi può quindi considerarsi non spontaneo ma subito da parte della popolazione civile.
  3. Il terzo e più rilevante flusso è quello che si verifica nell'ottobre-novembre 1917, come ripercussione della ritirata dell'esercito italiano dall'Isonzo al Piave e la conseguente occupazione austriaca del Friuli e del Bellunese e parte delle province di Treviso e Venezia e coinvolge circa 135.000 profughi. Rispetto ai precedenti esodi, quello del Friuli presenta una uniformità maggiore sul territorio, interessando più o meno tutti i circondari o distretti.