Il ritorno della guerra, in Europa con l'aggressione dell'Ucraina e in Medio Oriente con il conflitto israelo-palestinese, ha rimesso drammaticamente in luce ciò che contraddistingue i conflitti degli ultimi cento anni, a partire dalla Grande Guerra.
Quell'inutile strage rappresentò un punto di rottura rispetto alle tradizionali modalità di conflitto del mondo occidentale, introducendo elementi inediti quali: la mobilitazione totale con ampio coinvolgimento della popolazione civile, la tecnologia come fattore determinante delle vittorie militari, l'eccezionale intervento dello Stato sull'economia e sulla produzione industriale, il controllo dell'opinione pubblica e il ruolo decisivo della propaganda.
A queste caratteristiche, così pervasive per il corpo sociale, se ne aggiunge oggi una particolarmente significativa. Il flusso continuo di informazioni condivise in tempo reale che fa dei conflitti russo-ucraino e israelo-palestinese i primi ad essere documentati in modo massivo, oltre che dai media tradizionali, dai social media, grazie ai quali ciascuno ha la possibilità di verificare l'andamento degli scontri e le condizioni delle popolazioni civili.
La circolazione delle informazioni, così irregolare nella guerra del 1914-18, scavalca oggi le barriere strutturali o imposte dalla censura e mostra in maniera anche brutale l'altissimo costo umano di questi conflitti. Ancora una volta a pagare sono le popolazioni civili, costrette a esodi immani quando non massacrate per diffondere il terrore, e i giovani soldati, arruolati con l'inganno o con il ricatto e mandati allo sbaraglio.
Questo popolo fatto di profughi, civili vicini alla linea del fronte, soldati semplici impreparati, i loro familiari costretti al silenzio per ragioni di propaganda, fa parte a pieno titolo di quel mondo dei vinti a cui Nuto Revelli ha dato voce facendo parlare "... gli emarginati di sempre, i «sordomuti», i sopravvissuti al grande genocidio, come parlerebbero in una democrazia vera." (p. XXVI)
Proprio risalendo questo fil rouge lungo 100 anni, le biblioteche del Polo di Scienze Sociali hanno scelto di allestire una mostra virtuale partendo là dove tutto è iniziato, la Grande Guerra, nel solco di quanto scriveva trent'anni or sono Mario Isnenghi, uno dei suoi massimi studiosi:
"Della guerra non si studiano più solo le battaglie, i re, i generali. Di essa ci si chiede ormai, da tempo, come la vissero materialmente e psicologicamente civili e soldati, le anonime masse del fronte e delle retrovie. Com'era la vita quotidiana nelle trincee e come quella di chi restava in città o nelle campagne, a ridosso o lontano dalla zona di guerra: le donne, i vecchi, i bambini; ma anche gli operai delle fabbriche che lavorano a produrre per la guerra e tutta la variegata casistica di esonerati e di imboscati. Non ne sappiamo poi molto, dopo tanti libri che sono stati scritti su quella guerra in ormai 70 anni. Pare impossibile, per restare in area friulana e veneta e fra i civili, quanto poco in dettaglio conosciamo i tempi, i modi, le proporzioni e quasi persino i perché dell'esodo e del profugato di tanta parte della popolazione dopo Caporetto." (p. 25)
Nel corso del Novecento si sono purtroppo susseguite senza sosta circostanze tragiche che hanno costretto le persone a lasciare le loro case e il loro Paese. Il diritto internazionale, fin dalla Convenzione di Ginevra del 1951, ha introdotto una precisa distinzione nella nomenclatura di questa umanità in forzato movimento, distinguendo i profughi dai rifugiati - che a tutt'oggi sono gli unici a godere della protezione internazionale. Tuttavia, dato che l'intento di questa mostra è di dare rilievo alla connotazione umana di questi processi, senza altro scopo se non quello di sottolinearne la drammaticità, utilizzeremo il termine ombrello di "profughi" per indicare tutti coloro che in questi processi sono coinvolti.
La guerra di Abele, titolo con un evidente richiamo biblico e che trae ispirazione da Abele Lago, padre del giornalista Giorgio e autore di un piccolo diario di guerra reso noto per l'occasione, si articola in tre sezioni.
La prima sezione ha un taglio statistico e analizza i diversi flussi di profughi e sfollati attraverso mappe e digitalizzazioni inedite. Innanzitutto i profughi della Grande Guerra in Italia, utilizzando i Censimenti prodotti dalle autorità italiane a partire dal novembre 1917, in particolare l'unica rilevazione propriamente scientifica: quella affidata nell'ottobre del 1918 a Corrado Gini, professore di Statistica all'Università di Padova e allora maggiore del Regio esercito. Nella parte finale viene poi incluso un riferimento alla situazione attuale, avvalendosi di un'infografica appositamente realizzata sulla base dei dati statistici diffusi dall'Organizzazione mondiale dei Rifugiati.
Nella seconda sezione viene proposta una selezione ragionata di monografie sul primo conflitto mondiale, e più in generale sul tema del profugato in Europa, conservate presso le biblioteche del Polo di Scienze Sociali. Nel mare magnum delle pubblicazioni sulla Grande Guerra è stata adottata una prospettiva più sociale che raccontasse "storie minori", o perché poco conosciute o perché a lungo considerate inutilizzabili dalla storiografia ufficiale.
Nella selezione specifica sulla Grande Guerra ogni monografia è accompagnata da una presentazione e da una serie di citazioni, allo scopo di indicare nel dettaglio i temi trattati e il metodo adottato in ciascun lavoro.
La selezione più generale è invece presentata come una collezione tematica di titoli realizzata con Galileo Discovery, il Catalogo delle Biblioteche padovane.
Chiude la mostra una terza sezione più intima, basata su documenti inediti. Riaffiora così la storia "minore" di quattro soldati che hanno combattuto durante la prima guerra mondiale attraverso fotografie, cartoline, diari, appunti, diplomi, oggetti personali, memorie rievocate da figli o nipoti. Gli sconosciuti protagonisti sono Abele Lago, Toni Bio, Giuseppe Mercatali e Fabio De Lorenzo.
A queste vengono significativamente affiancate le testimonianze di due profughi dei giorni nostri, che hanno trovato un'occasione di riscatto sui banchi dell'Università di Padova, fedele, fin dalla sua fondazione, al principio di accoglienza e di tutela della libertà di ricerca.
Con La guerra di Abele le biblioteche del Polo di scienze sociali intendono portare il loro piccolo contributo a una riflessione generale su alcune delle caratteristiche delle guerre moderne. Questo obiettivo sembra trovare una sintesi perfetta nelle parole di Marco Revelli, figlio di Nuto, riportate accanto al titolo della mostra:
"Il ricordo e la memoria dunque non come reperto archeologico, non come pezzi da museo, caratterizzati dalla nostalgia, ma come strumenti di giustizia. Raccontare ciò che era avvenuto come antidoto alla retorica e alla falsificazione operata dalla retorica. La memoria per restituire le ragioni a quei vinti".
Bibliografia
Bonanni, Vittorio. Nuto Revelli, il mondo dei vinti trent'anni dopo [Intervista a Marco Revelli], in "Liberazione" del 26/02/2009.
Isnenghi, Mario, Nuove fonti, nuovi metodi. In Pittalis, Edoardo (a cura di) "La nostra guerra. Il Triveneto dal 1914 al 1919", Venezia: Edizioni del Gazzettino, 1988, p. 25.
Morozzo della Rocca, Roberto. Corridoi umanitari: una risposta a una crisi planetaria. Cinisello Balsamo (MI): San Paolo, 2023.
Petrović, Nadan. Rifugiati, profughi, sfollati: breve storia del diritto d'asilo in Italia. 3. ed. aggiornata. Milano: Angeli, 2016.
Revelli, Nuto. Il mondo dei vinti. Testimonianze di vita contadina. Torino: Einaudi 1977.
Tallia, Stefano, Enrico Miletto. Vite sospese: profughi, rifugiati e richiedenti asilo dal Novecento a oggi. Milano: Angeli, 2021.