Caporetto. Una disfatta, molte responsabilità.

Ronald SethRonald Seth (Inghilterra 1911–1985), scrittore britannico esperto di questioni militari, è una delle figure più eccentriche che lavorarono per il servizio segreto britannico durante la seconda guerra mondiale. Dopo la guerra, divenne per un certo periodo insegnante di scuola e alla fine si dedicò alla carriera di scrittore.

Nel 1966 affrontò il tema della battaglia di Caporetto con un volume che tratta la partecipazione italiana alla prima guerra mondiale, dalla dichiarazione di neutralità alla vittoria.

La disfatta di Caporetto ha per lungo tempo segnato la reputazione dei soldati italiani e dei loro comandanti sia nell'opinione degli alleati che in quella dei nemici dell'Asse. Codardi e traditori sono stati gli appellativi più comuni nelle memorie raccolte dall'autore fra i suoi parenti che si trovavano a supporto dell'esercito italiano sul fronte italiano, nelle memorie del primo ministro inglese Lloyd George durante il conflitto e in molti scritti di generali inglesi e francesi. L'autore però, tramite un meticoloso studio di vari archivi e biblioteche militari, sentiti vari generali italiani e il figlio dello stesso Cadorna, Raffaele Cadorna, cerca di porre in una corretta prospettiva storica la disfatta di Caporetto rendendo giustizia ai bistrattati apparati militari italiani.

L'inizio di Caporetto: la ritirata delle truppe e la fuga disperata dei civili.

Profughi dopo la battaglia di Caporetto. p. 186: "400.000 soldati stavano andando a casa, con la ferma risoluzione che la guerra, almeno per loro, era finita. Il loro modo di comportarsi era veramente singolare. Oramai avevano rotto il contatto con il nemico, e non avevano fretta; si fermavano per mangiare, bere e saccheggiare. Un osservatore rileva la loro aria di 'tranquilla indifferenza', un altro nota che, pur avendo gettato via tutte le armi, hanno conservato le maschere antigas. Quasi altrettanti erano i civili che fuggivano, più sfrenatamente, per sottrarsi al nemico, intasando coi loro carri e le loro masserizie quel poco spazio che rimaneva nelle strade. ... folle di uomini sbandati che avevano perso ogni parvenza di disciplina e ogni senso del dovere, e reclamavano la conclusione della pace, o inveivano contro i cosiddetti traditori.
Con le truppe c'erano torme di civili, uomini, donne e bambini, che fuggivano davanti al nemico, la cui ferocia si sarebbe abbattuta su chi restava indietro, e rendevano ancora più caotico il caos."

"Era una realtà irreale"

In ritirata dal Carso al Piave.p. 189: "Così le truppe si ammassarono nei fondovalle, intasando le sole strade disponibili per mandar loro rifornimenti e rinforzi [...].
Le truppe in fuga intralciarono i movimenti di quelle avviate verso le linee difensive imperniate sul monte Maggiore, con conseguenze fatali che presto sarebbero apparse evidenti. Quegli sbandati non avevano più rispetto alcuno per l'onore del paese. Eppure erano gli stessi soldati che avevano combattuto con coraggio sbalorditivo e tra difficoltà apparentemente insormontabili le undici battaglie dell'Isonzo.
Questa defezione in massa ebbe tuttavia qualcosa di tipicamente italiano. Secondo quanto riferisce il generale Raffaele Cadorna, suo padre gli disse che nessuno tentò di minacciare gli ufficiali, solo si rifiutarono di obbedire, e che quando egli passò in macchina in mezzo agli sbandati, nessuno levò un dito contro di lui, anzi, quando lo
riconobbero, si irrigidirono sull'attenti e fecero il saluto. Era una realtà irreale."