Fin dall’inizio la “raccolta di Medaglie e di altre stimabili antichità” fu tra le prime preoccupazioni dell’Aggiunto sopra Monasteri e dei Riformatori allo Studio, che più volte raccomandarono ai loro rispettivi incaricati -Morelli e Roculini- di curare e custodire i pezzi in modo che niente andasse disperso o rubato: fra gli oggetti -solo in parte effettivamente antichi- si trovavano anche i pezzi provenienti dalla collezione di Marco Mantova Benavides giureconsulto e professore dello Studio Patavino, che un suo discendente, Gaspare, mise in vendita nel 1711 per sanare i numerosi debiti; la parte più consistente con le serie naturalistiche, vasi e sculture, venne acquistata da Antonio Vallisneri e da essa in seguito hanno preso vita il Museo di Scienze Archeologiche e d'Arte e il Museo di Zoologia dell'Università di Padova; bronzi e monete -grazie certamente all’azione diretta di Ascanio Varese- entrarono a far parte delle raccolte di Verdara; gli strumenti musicali furono acquisiti da Tommaso degli Obizzi e dopo essere stati ospitati al Castello del Catajo passarono in eredità alla famiglia Absburgo e si trovano oggi a Vienna (Favaretto 2013). Inventari delle medaglie it. XI, 323b Marciana (Casoria Salbego 1983, p.222).
Monete e medaglie vennero consegnate all’Aggiunto sopra Monasteri il 17 febbraio 1784 dall’Abate Visitatore Luigi Grompo in quattro buste e due sacchetti dopo la verifica dell’abate Morelli che ne dà conto in una lista sommaria ma sufficiente a definirne le quantità: 364 unità (1 d’oro, 140 d’argento, 92 di bronzo, 24 di bronzo e rame, 34 di un “metallo giallo” 73 non definito) più 4 pesi. Un numero considerevole di altre monete e medaglie sono elencate nella “Nota di cose d’antiquaria non comprese negl’Inventari del Museo” per un totale di 875 oggetti fra medaglie e monete oltre a 116 pezzi fra vasi (in argento, vetro, marmo, terracotta), statuette in bronzo, teste e mani, lucerne, idoletti, epigrafi, bassorilievi, tipari, anelli sigillari e altro ancora (Ravagnan 1997, pp.115-117, 228-237; Casarotto 2001, pp.).
In un primo momento, i pezzi entrarono a far parte dello Statuario della Biblioteca Marciana. Nel ventesimo secolo furono ulteriormente divisi: i bronzi rinascimentali e “all’antica” passarono nel 1926 alla Galleria Franchetti alla Ca' d'Oro, alla quale furono definitivamente assegnati con Decreto Ministeriale del 1979; quelli antichi -fra essi anche i sigilli "in planta pedis" pubblicati dal Muratori- nonché gemme e cammei antichi e moderni, restarono invece al Museo Archeologico. Dal 2008, i busti di Adriano e Sabina opera di Ludovico Lombardo, e alcuni bronzetti già Verdara, sono esposti nel Museo di Palazzo Grimani. Quanto al medagliere, le monete antiche, romano-imperiali prevalentemente in bronzo (di quelle in argento e in oro non si sa più nulla), restarono all'Archeologico mentre negli anni settanta-ottanta del Novecento le medaglie rinascimentali e le monete moderne furono trasferite alla Galleria Franchetti (Statuario 1997).
In coda alla galleria una medaglia -oggi conservata al Museo Archelogico- “d’indubitabile e visibile antichità”: sono parole con cui Varese stesso la definisce in un suo appunto autografo conservato in Universitaria (Ba.7.86) e trovato all'interno di un volume; si tratta di una medaglia in ottone di epoca rinascimentale già attribuita a Giovanni da Cavino (Sotto il torchio 2019, p.44) che riporta su una faccia il profilo dell'imperatore Ottone e dall'altro lato
nel mezzo un’ara ignita: a destra un soldato in atto…di ferire una figura che sta inclinata sopra l’ara e che sembra avere legate al di dietro le mani…al piede dell’ara vi si vede una figura protesa come morta…
Difficile non pensare che gli sia passata tra le mani; molto tempo dopo, il 22 agosto 1760 Giovanni Poleni il fondatore del Laboratorio di fisica sperimentale i cui strumenti si conservano oggi nel Museo di Fisica dell'Università di Padova, scrivendo al botanico Francesco Roncalli Parolini che gli chiedeva evidentemente consigli su come conservare monete e medaglie, lascia una preziosa testimonianza del medagliere di Ascanio Varese che non è giunto fino a noi:
Qui in Padova vi ci è il Museo di medaglie del fu P.(adre) Abb.(at)e Varese di felice ricordanza. Le medaglie sono in un picciolo armario o, (come dicono alcuni) Scrittoio di base quadrata. L'interno è tutto fornito di tavolette orizzontali, che si possono cavar e rimettere. In esse tavolette vi sono ordinatamente scolpiti degli incavi rotondi, ne' quali (per dir così) si incassano largamente le Medaglie. Lo scrittoio è posto su uno spazioso tavolino; ciò che è necessario, perché quando si cavano dallo scrittoio le tavolette per mostrare o considerare le medaglie, giova avere un prossimo comodo sito per collocarle. Nel medesimo modo teneva le sue il Sig.(no)r Appostolo Zeno pur di felice ricordanza ... quanto a me non mi dipartirei dal modo tenuto da que' valenti soggetti. (BNM, It. X 136 [=6714], c.137; il codice è solo citato in Favaretto 1988, p.135, n.18)