San Giovanni di Verdara non custodiva solo rari manoscritti e incunaboli miniati, ma come racconta Giovambattista Rossetti nella sua "Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova..." pubblicata in prima edizione nel 1765:
Questi illustri Canonici hanno di che appagare la curiosità degli eruditi intendenti d'ogni bell'Arte, nel loro ricco Museo, ben copioso d'ogni genere di cose, tanto prodotte dalla natura che dall'arte. Vi si ammirano Busti, e ritratti d'uomini illustri in metallo, in marmo, ed in cera, ...Inoltre Avorj in quantità, per arte, e per antichità commendabili; Bassirilievi in bronzo, e in avorio...
e poi quadri, cammei, monete, legni, marmi, fossili, coralli, strumenti matematici, ottici e tutto quanto avrebbe potuto soddisfare la curiosità dello scopritore e l'acribìa dello scienziato: insomma una raccolta a metà tra la Wunderkammer e il gabinetto scientifico (Rossetti 1780, pp.185 e sgg.). Sebbene fin'ora non sia stata trovata una planimetria che precisi in quale parte del Monastero fosse situato il "Museo", la documentazione conservata nel fondo dei Riformatori allo Studio (ASVe) si riferisce chiaramente ad una stanza distinta dalla biblioteca, con venti "Armari" numerati e uno "scrittoio posto in mezzo".
Si conservano diversi elenchi che permettono di confrontare quanto del museo è giunto fino a noi: alcuni, fatti realizzare dallo stesso Ascanio Varese, si trovano nello stesso manoscritto in cui l'Abate fece trascrivere il «Ristretto delle stime fattesi in Roma da quattro delli più periti antiquari del Museo de P.P. Certosini pure di Roma venduto alla S.C.M. di Carlo VI Imperatore nell'anno 1728» (BNM, Ms.It.XI, 5 [=6670]) e riguardano "medaglioni in metallo" con regnanti, pontefici, cardinali, uomini celebri, bassorilievi in marmo di uomini celebri e lastre dipinte, conservati "in Cemeliis varesianis in Collegio canonicorum lateranensium", la sua collezione personale poi confluita nelle collezioni dell'Abbazia.
Altri, citati sia nei documenti della soppressione sia dall'Abate Morelli, elencano le "medaglie in metallo" (a), i "medaglioni" (b) e le "medaglie grandi" (c); l' "inventario delli Camei e Gemme..." (a), "dei Bronzi e dei lavori in metallo", "idoli e metalli antichi" (b; ASVe, Rif. allo Studio b.141; copie nei codici marciani It.XI, 322 [=7601] e It XI, 323 [=7107]).
Sarà proprio Jacopo Morelli a decidere in ultima istanza anche la sorte di questi oggetti, di cui da conto nella sua «Memoria per la Libreria e Museo di S. Giovanni di Verdara» (inviata ai Riformatori il 18 marzo 1784): la "Parte antiquaria...è da unirsi alle statue antiche e famose che si trovano nell'atrio della Libreria di S.Marco", le "Cose di Storia Naturale" come pure le "Cose Varie come Porcellane ed altre manifatture", "stanno bene aggiunte al Museo di Storia Naturale di Padova" per evitare che "si guastino" col trasporto; "gli Stromenti matematici ed ottici vanno ben consegnati alli rispettivi professori di Padova cioè Stratico e Toaldo"; per le "pitture e scolture" immagina come destinazione prima l'Accademia di Scienze Lettere ed Arti di Padova che viene poi sostituita "dalla città stessa di Padova". Ad essi aggiungerà di suo pugno una "Nota di cose di Antiquaria non comprese nei cinque indicetti di S. Giovanni di Verdara" che poi trasferirà in Marciana.
I riscontri fra inventari e posseduto furono condotti da Paolo Roculini e dall'Abate Morelli durante le festività natalizie del 1783 (Francesco Ponti l'economo provvisionale incaricato di seguire la dismissione dei beni, venne avvisato dall'Aggiunto sopra Monasteri il 31 dicembre che sarebbe stato tolto il sigillo dalle porte del Museo: ASVe, b.115, r.13) e furono portati a termine il 16 gennaio 1784, predisponendo liste particolari per tutti gli oggetti non precedentemente inventariati (pubblicate in Casoria Salbego 1983) ma solo il successivo 10 aprile -su sollecitazione sempre dell'Aggiunto che doveva far subentrare gli Esposti- il bibliotecario Roculini procedette al trasporto in parte presso la "Publica Libraria" in parte presso il Museo di Storia Naturale dell'Università di Padova (ASVe, Rif. allo studio, b.141 s.d.).
Al momento della soppressione infatti l'unità del Museo venne meno e le parti che lo costituivano presero strade diverse, che Vi invitiamo a percorrere nelle otto sezioni distinte per tipologia, con gli approfondimenti elaborati anche dai conservatori delle varie istituzioni di Padova e Venezia in cui oggi si trovano custoditi questi oggetti.