San Giovanni di Verdara

 

Planimetria del monastero, con rilievi dei piani primo e secondo (ASPd, Corp. Rel., S. Giovanni di Verdara​, b. 207, lib.I Disegni, e stime della soppressa Canonica di S. Giovanni in Verdara, dis.1)

Il monastero nacque intorno al 1221 -stando alla registrazione del Liber regiminum Padue, una cronaca della città che parte dal 1174 e si chiude nel 1305- per iniziativa di Giordano Forzaté che vi pose l'ordine da lui stesso fondato dei benedettini "albi", molto legati al vescovo e alla società padovana  (Bonardi 1899, p.76).

Posto a nord-ovest della città di Padova, in uno spazio geografico costituito prevalentemente da campagna coltivata a orti e frutteti, al di fuori della cinta ristretta delle vecchie mura ma protetto dal circuito molto più ampio della cinta completata nel '300 dai Carraresi, il complesso si collocava nei pressi della antica strada romana della "Vallis Medoaci" in un contesto attraversato da un reticolo fluviale e stradario che da un lato dopo aver incrociato la Postumia, proseguiva a nord verso Trento e la Valsugana, mentre dall'altro si riuniva alla via Annia per raggiungere Adria. I documenti medievali parlano di una strata Viridaria (Gasparotto 1967, p.58; id. 1968-69, p.132; Mengotti 2000, pp.16-20) in direzione del centro di Limena, dove la comunità religiosa ebbe molti possedimenti, mentre in fondo alla attuale via Beato Pellegrino nelle vicinanze del convento si apriva fino al 1383 la porta "de l'Arzere" che favorì il passaggio di commerci e pellegrini da e verso il centro della città. (F. S. Dondi Dall’Orologio, Dissertazione ottava sopra l’Istoria ecclesiastica di Padova, Padova 1815, p. 264, doc. cxxxv). Le immagini tratte dal rilievo catastale effettuato al momento della soppressione e dalla mappa della città di Giuseppe Viola Zanini realizzata nel 1599 illustrano molto bene la pianta del complesso e l'ameno contesto di campagna che circondava allora il monastero ed il complesso conventuale. G. Viola Zanini, Padoa 1599 (BUPD, Cassetto 26.b.16; part.)

Intorno alla metà del Trecento il priorato contava una comunità sia maschile che femminile e in base ai documenti erano presenti un chiostro, due logge, la sala capitolare e la chiesa; la grande epidemia di peste del 1348, con le conseguenze economiche e sociali che ne derivarono, insieme al conflitto che portò alla fine della Signoria Carrarese nel 1405 e alla conquista da parte di Venezia, furono fra gli elementi che contribuirono a determinarne una rapida decadenza sia spirituale che materiale, cui si aggiunse la drastica riduzione degli ingressi alla città e quindi del movimento di persone. Già intorno al 1392 il convento era stato dato in commenda al Cardinale fiorentino Angelo Acciaioli cui seguì quella del padovano Francesco Zabarella finché nel 1430 Antonio Correr -ultimo commendatario- rinunciò in favore dei Canonici regolari agostiniani lateranensi di S. Maria di Frigionaia che diedero un nuovo avvio alle sorti del monastero: i documenti ricordano a partire dal 1433 donazioni di privati a vantaggio della ricostruzione degli edifici che continuarono fino alle soglie del 1500 almeno (Sambin 1955, p.263; Rampazzo 1979Piovan 1997, p.58). Nel 1556 S.Giovanni fu elevata ad Abbazia e da allora la comunità Lateranense vi mantenne una presenza ininterrotta fino al 31 luglio 1783.

Soppresso il monastero, il 4 marzo 1784 il Senato autorizzò la vendita delle strutture al Pio Istituto degli Esposti che cercava nuovi spazi per far fronte all'assistenza dell'infanzia abbandonata a causa dell'insufficenza dei locali dell'Ospedale della Ca' di Dio dove si trovava dal 1274; i trovatelli e soprattutto le molte orfanelle, restarono a Verdara fino all'agosto del 1847, quando ormai ridotto il numero degli assistiti e divenuta troppo onerosa la cura dello stabile, l'Istituto venne trasferito agli Ognissanti per lasciare posto ai Padri Scolopi (Piaristi) che vi stabilirono prima il loro noviziato e poi una casa di vacanza per i convittori del Liceo di S.Caterina (Foscarini) a Venezia. L'anno successivo a seguito delle vicende risorgimentali che coinvolsero anche il Veneto, il complesso fu requisito per esigenze belliche e trasformato dapprima in deposito dei corpi franchi della Repubblica di San Marco da Daniele Manin (marzo 1848) e quindi, col ritorno degli Austriaci, divenne caserma di fanteria e cavalleria (giugno 1848).

Il 27 luglio del 1852 i Gesuiti lo acquistarono per trasformarlo nel Liceo-Convitto maschile "Federico Fagnani" (dal nome del benefattore che ne aveva promosso la costituzione già nel 1838); qui trasferirono da S. Francesco le sepolture (BCPd, B.P.1009/XVIII; nota di Giuseppe Orsolato a Filippo Fanzago, Sul disotterramento delle ossa dei Gesuiti dalla chiesa di San Francesco e trasporto delle stesse a San. Gio. de Verdara avvenuto nel 19 novembre 1854)  e già il 4 gennaio 1857 l'imperatore Francesco Giuseppe in visita a Padova ebbe modo di visitare le nuove strutture edificate; vi restarono fino al 1866, quando allo scoppio della terza guerra di indipendenza spostarono il Liceo a Bressanone (la causa intentata allo Stato Italiano per rientrare in possesso degli edifici ebbe esito negativo). In seguito all'annessione del Veneto all’Italia, il monastero fu definitivamente espropriato e trasformato in Ospedale militare (Kunert 1898, pp.34-37; Archivio Sartori 1988, p.1548, n.31).

Nella galleria è possibile apprezzare attraverso i particolari tratti da alcune mappe conservate nelle Biblioteche Civica, Universitaria, Marciana e della Nazionale di Firenze, come è stato rappresentato nel corso di tre secoli il complesso della chiesa e del Monastero situato tra Porta Codalunga e il Torrione Impossibile, nei pressi dei baluardi Moro I -detto anche di S.Giovanni di Verdara o del Bersaglio - e Moro II (Fadini 2013): nella più antica, quella attribuita allo Squarcione, si intravede nel particolare l'indicazione della chiesa grosso modo vicina alla porta e sulla destra in alto la torre che indica Limena. Seguono l' "anacronistica" prospettiva di Francesco Valeggio, che mostra la città ancora compresa nella cinta turrita medievale -all'epoca di stampa della mappa (1590 ca.) già demolita- talmente schematica che non è possibile definire con precisione le strutture del convento. Meglio definita e dettagliata la resa grafica nelle mappe di Giuseppe Viola Zanini, di Francesco Bertelli (alla fine del 1500) e di quella pubblicata da Georg Bruin von Braun nel sesto volume del suo Theatri praecipuarum totius mundi urbium (c.55) che sostanzialmente dal Bertelli dipende. L'accuratezza nella descrizione degli edifici con la ricerca di effetti 3D e di chiaroscuro aumenta nelle carte successive di Merian e Johannes Jansson (1588-1664), mentre Coronelli nel 1709 ripropone ancora la carta di Bertelli. Dello stesso anno della soppressione (1784) la splendida carta di Giovanni Valle (1752-1819) resa accuratissima grazie ai precisi calcoli trigonometrici effettuati durante le rilevazioni, realizzata su commissione di Girolamo Zulian ambasciatore veneto a Roma sotto la supervisione del conte Simone Stratico che poi aggiunse il suo nome a quello del cartografo, fra il 1779 e il 1782 (Ghironi 1988).

Chiudono la rassegna le mappe del Catasto napoleonico, Censo Provvisorio e del Catasto austriaco, Censo stabile che testimoniano il cambio di destinazione della struttura -Pietà indica l'orfanotrofio- e anche della titolazione della Chiesa, che muta il nome in S. Maria della Salute, la patrona dell'Istituto degli Esposti, fin dalle sue origini affidato alla gestione della Confraternita di S. Maria dei Battuti (Brandolese 1795, p.243).