Bibliotheca Viridariana

Biblioteca, lunetta sopra la porta: La Vergine con il bambinodi Paola Tosetti Grandi (Ass. Amici della Biblioteca Universitaria di Padova)

La vicenda di questo complesso di edifici è secolare. Risale al primo Duecento, in un luogo limitaneo di Padova, tra città e campagna, là dove i campi verdi donarono il nome al monastero: che nacque benedettino, fiorì per un secolo, per vivere poi una lunga decadenza.

Nel 1430 venne affidato ai canonici regolari agostiniani lateranensi e così rinacque: la chiesa tra gli anni trenta e cinquanta, il chiostro piccolo terminato nel 1461 e 30 anni dopo, completato dal loggiato superiore, via via il chiostro grande a sud e, nel monastero, il refettorio, la sala capitolare e la biblioteca. Lorenzo da Bologna e Pierantonio degli Abati, membro della famiglia degli intarsiatori Canozi, furono i due artisti impegnati in questi lavori: a loro è riconducibile il ciclo degli Uomini illustri per il carattere di 'tarsie dipinte; il secondo poi, per i suoi legami parentali con i famosi maestri lignari, fu responsabile anche della arredo lignario della biblioteca (plutei), realizzata a partire dal 1487 e oggi perduto (Pasetti Medin 1997, pp. 63-65). 

Biblioteca, Tondo del soffitto con S.AgostinoIl 9 ottobre del 1479 il priore Celso Maffei riunì i suoi confratelli nella biblioteca del monastero: probabilmente questo luogo (Rampazzo 1979, p. 163; Bonaccorsi, 2016, p. 104); struttura architettonica e affresco delle pareti rendono unico questo ambiente di studio, che a quella data poteva essere decorato in buona parte. Vi si accede da un sontuoso portale scolpito e da un controportale affrescato raffigurante nella sommità a lunetta La Vergine con il bambino. L'aula voltata a botte ospita tre tondi raffiguranti dall'ingresso: San Giovanni Battista, dedicatario del monastero, Cristo risorto e Sant'Agostino, ispiratore della regola dei canonici. Le vele che scendono dalla volta impostano il sistema decorativo delle pareti, ospitano tondi, ora aperti alla luce, ora raffiguranti le Virtù a sinistra e le Arti liberali a destra.

I ritratti di "Uomini Illustri"

Dai peducci delle vele scendono finte paraste scanalate tra le quali trovano posto finte nicchie che ospitano a sinistra otto ritratti che si rivelano come quelli di Uomini Illustri legati allo Studio Patavino (Tosetti Grandi 1997, pp. 69-94). Alcuni di loro furono medici, altri docenti, altri ancora religiosi, tutti furono frequentatori del monastero e legati ai loro priori da vincoli culturali così stringenti da spingerli a donare i loro libri alla biblioteca monastica (Sambin, 1955, pp. 264, 275-276). L'idea di celebrare uomini e libri in San Giovanni di Verdara, dove fioriva anche una scuola di teologia, filosofia e diritto, si sviluppò dalla vocazione dell'ordine canonicale a istituire biblioteche dei propri monasteri, come a Padova così a Verona, Vicenza, Bologna, Mantova e Venezia. Matteo Bosso svolse senz'altro un ruolo di primo piano nel progetto decorativo viridariano, per il suo ruolo di priore, segnato da intense e documentate relazioni con artisti e umanisti del secondo Quattrocento. Biblioteca, navata di destra con i dottori dell'OrdineParte dalla traccia delle donazioni librarie a Verdara, la prima del 1442 (Piovan 1997, pp. 57-61) e dalle relazioni tra priori e donatori, la possibilità di identificare alcuni di loro nel ciclo pittorico, per gli indizi che, negli affreschi che li ritraggono, sono riconducibili alle loro vite: i dotti sono a figura intera, seduti nei loro studi, con libri tra le mani: «gli ornamenti del sapere nella pittura»; lo spazio prospettico alle loro spalle ne esalta la meditazione. 

Così l'alambicco dei medicamenti, i libri del sapere umanistico e la cinta muraria di Montagnana dicono che il primo ritratto è quello di Pietro da Montagnana, donatore dei suoi libri al monastero, dove morì nel 1478. Amicizia, missive e interessi culturali legarono Matteo Bosso al medico, antiquario e umanista Giovanni Marcanova, che morendo a Bologna nel 1467 donò 521 codici a Verdara: così il suo ritratto, terzo nel ciclo, è rivelato dal motto di Catone che esalta la virtù del buon oratore (Tosetti Grandi 2010, p. 359), presente in uno dei suoi libri. Una pagina del De Anima di Aristotele permette di riconoscere Gaetano da Thiene nel settimo affresco, donatore a Verdara nel 1462. Per gli altri personaggi gli indizi pochi o dubbi non permettono che di fare delle ipotesi.

I ritratti di "Canonici illustri"

12-Canonici illustri Battistina Vernazza_opt12-Canonici illustri: Battistina VernazzaQuesto secondo ciclo pittorico si svolge sul partito murario destro e speculare al ciclo quattrocentesco. Vi sono affrescati i canonici regolari lateranensi egregi, tra loro i più antichi dell'Ordine. L'opera è quella di un non eccelso maestro, è stata giudicata di tardo Seicento (Barzon 1946, pp. 28-29), ma è preziosa tuttavia come testimonianza storica.

Essa indica come i monaci committenti intendessero ricollegarsi idealmente agli antichi confratelli che, sul finire del Quattrocento, avevano promosso la celebrazione degli uomini colti legati all'Ordine, nel desiderio, dopo diverso tempo, di contribuire all'esaltazione delle personalità illustri, questa volta non dell'Università e della Chiesa, ma dell'Ordine stesso. Tutti i personaggi sono intenti alla riflessione sui libri, secondo l'iconografia del perfetto umanista, come i più antichi della parete sinistra, in alcuni casi allo stesso modo con riferimenti espliciti ai loro scritti indicati da iscrizioni, che qui riguardano i titoli delle loro opere in evidenza sui volumi, a dire il loro spessore culturale. Invece una differenza importante dal ciclo più antico sta nell'identificazione esplicita degli effigiati, accompagnata da ruoli e, in qualche caso, occorrenze biografiche: si legge nelle iscrizioni principali che corrono lungo le cornici arcuate delle finte nicchie, oltre le quali i canonici siedono nei loro studi.

10-Canonici illustri: Tommaso di Vercelli e un frate (S.Antonio?)Le notizie sui soggetti ritratti si ricavano da una bibliografia circoscritta, a volte riposta, quindi è utile un breve itinerario che dia conto dell'importanza di questi personaggi, procedendo in ordine dal portale d'ingresso verso la parete di fondo: Bartolomeo Colonna, riformatore dell’Ordine qui rappresentato per primo, proprio perché la rinascita del monastero di San Giovanni di Verdara dal 1430 dipese dall'azione dei canonici regolari lateranensi riformati.

Segue Tommaso di Vercelli il più antico degli effigiati: entrato nell'Ordine dei canonici regolari di San Vittore a Parigi, fondò l'abbazia di Sant'Andrea a Vercelli, della quale divenne abate nel 1226; in uno degli scolari raffigurati la tradizione ha voluto riconoscere sant'Antonio da Padova e forse gli scaffali dello sfondo; poi terzo, Tommaso da Kempis canonico regolare di Windesheim, al Monte Sant'Agnese presso Zwolle; quarta Battista (Battistina) Vernacia (Vernazza) badessa del convento delle canonichesse di Santa Maria delle Grazie di Genova; quinto Gabriele Fiamma studente a Verdara e in seguito generale dell’Ordine; sesto, Ascanio Martinengo nobile bresciano e abate anche a Verdara; settimo Gabriele Pennotti storico dell’ordine e con l'ottavo, Filippo Picinelli, abate presso la chiesa di Santa Maria Bianca del Casoretto in Milano si chiude la galleria ideale voluta dai canonici viridariani, che intesero celebrare la propria storia attraverso le personalità illustri dell'Ordine, molte delle quali vissute propro nel monastero di San Giovanni di Verdara.