Ascanio Varese

 


Ritratto di Ascanio Varese in Incisioni, Ritratti, Figure allegoriche, costumi e vedute in tutto n.49; BUPD-Scaff. II a 38 (partic.)di Carla Lestani (BUPD)

Indiscutibile protagonista della rinascita della Biblioteca e delle collezioni di Verdara nel XVIII sec. fu l'Abate Ascanio Varese: di tre quarti, appena sollevati gli occhi dal documento che ha tra le mani, ci guarda dall'incisione di Michael Heylbrouck su disegno di Pietro Rotari (1707-1762), che ce ne restituisce volto ed espressione. L'opera gli venne dedicata dai suoi due pronipoti Nicolò Francesco (1678-1733) ed Ambrogio Rosmini (1680-1754) di Rovereto; mentre dal primo discese il ramo della famiglia dei Rosmini al Portone di Padova, proprio da Ambrogio deriverà il ramo cui appartenne il beato e filosofo Antonio Rosmini Serbati (1797-1855). Entrambi i dedicanti, qui citati nell'epigrafe, erano figli di Nicolò Rosmini detto il giovane (1656-1715) e di Cristina Parolini e discendenti di quel Nicolò dei Rosmini di Rialto detto il vecchio (1613-1667) che trasferitosi da Rovereto a Padova, si sposò proprio con una Antonia Varese: il fratello di Antonia, Sebastiano sposato ad una Francesca -di cui al momento non è possibile indicare il cognome- furono i genitori del nostro Abate (Paoli 1880; scarica l'albero genealogico). 

Occasione per il ritratto, come precisa l'epigrafe, la nomina ad abate generale della Congregazione Lateranense nel 1727, a 62 anni: dati che permettono di far risalire presumibilmente al 1665 la nascita del nostro; Ascanio ebbe altri due fratelli, Leandro e Stefano, di cui si è a conoscenza per i lasciti che fecero a lui e ai confratelli, il primo nel 1715 per la biblioteca e il secondo nel 1735 per giovani meritevoli desiderosi di entrare nella Congregazione (Casoria Salbego 1983, p.228). Grazie all'epigrafe di un'altra tavola -oggi perduta- conosciamo anche le tappe della sua vita religiosa: professo nel 1681, Abate privilegiato nel 1699, Procuratore generale a Roma nel 1720, dove risiedeva nel monastero di S. Maria della Pace; mantenne l'incarico di Abate Generale fino al 1734.

Ex-libris di Ascanio Varese (BUPD, A.41.a.56)

Grazie ai suoi incarichi importanti e al soggiorno a Roma, entrò in contatto con molte personalità che contribuirono ad accrescere la sua fama di studioso e di collezionista, anche se ricostruire il circolo di amici, conoscenti e corrispondenti con cui fu in relazione resta difficile senza poter accedere liberamente ai fondi di archivi e biblioteche chiusi per la pandemia. Il suo ruolo fondamentale nel recupero della Biblioteca della Congregazione è testimoniato dall'ex-libris a stampa, ritagliato ed applicato -in genere sul bordo inferiore del frontespizio, talora sul piatto interno delle coperta anteriore o sul verso del frontespizio- che rende facilmente riconoscibili i volumi provenienti da Verdara (sia manoscritti che incunaboli e libri antichi); BUPD, Ms.Ba.7.86: Appunto numismatico di Ascanio Varesesolo in alcuni casi, l'unica traccia si riduce all'impronta dell'incollatura, mentre il talloncino è forse caduto a causa del tempo o è stato tolto intenzionalmente: 

Ascanio Varese, Padovano, Abate Generale della Congregazione Lateranense raccolse per i suoi Canonici e per se.

Questa la traduzione della legenda in latino, che permette di datare l'applicazione del talloncino a dopo il 1727 -l'anno in cui divenne Abate Generale- mentre i volumi più tardi su cui è stato apposto risalgono al 1735; nella galleria però è possibile vedere una sua nota manoscritta del 1723 che si struttura già secondo il modello poi scelto per la stampa. Altre conferme della sua cura attenta per i libri della Biblioteca vengono però da note di dono autografe, appunti sia apposti che inseriti con foglietti o schede (come nel caso del Ms.Ba.7.86), legature con il suo stemma; l'incunabolo di Pomponio Mela riporta l'indicazione «A. Domini 1710 restauratus a domino Ascanio Varesio» ed è lui stesso ad annotare sul volume delle Interpretationes di Landino che le «Notae Marginales et castigationes sunt Clarissimi Rhetoris Calphurnii, eiusque manu conscriptae. Qua de re hic codex magnificiendus est, et singulari custodia vernandus [sic]». 

Molto probabilmente ad un suo intervento si deve far risalire la realizzazione dell'Index Librorum MS. Bibliothecae Viridarianae Canonicorum Regolarium Lateranensium, quorum omnium volumina sunt CCCCLXX (BNM, It.XI, 323 [=7107] c) e di tre elenchi degli oggetti conservati "in Cemeliis varesianis in Collegio canonicorum lateranensium" (BNM, It. XI, 5 [=6670]; Casoria Salbego 1983, p.222-224), la sua collezione personale poi mescolatasi alle collezioni dell'Abbazia probabilmente intorno al 1733 (Valentinelli 1868, vol.I p.88). Di lui ci restano anche due traduzioni autografe dal francese: nel 1721 "per piacere et utile mio particolare", tradusse la versione che Justus van Effen aveva pubblicato nel 1710 per i tipi di Scheurleer, dell' opera Sensus Communis. An Essay on the Freedom of Wit and Humour di Anthony Ashley Cooper conte di Shaftesbury (1709), di cui però non è stata trovata copia tra i libri della biblioteca (BNM, It.XI, 005 [= 6670]) e tradusse anche l'Histoire des chanoines, ou recherches historiques-critiques sur l'ordre canonique, di Raymond Chaponel d'Antescourt, di cui è presente l'edizione parigina del 1699 (BNM, It.VI 138 [=6184]). Grazie al catalogo della Biblioteca redatto nel 1760 si è a conoscenza di un suo altro manoscritto, ma l'opera risulta al momento irreperibile:  

Varesius Ascanius Can: Reg: Lat: | Series Genealogica Rom: Imperator. Tom. 1 in 8. Sig.s n.° 462. Inter lit: K L

 Altri autografi dell'Abate -la sua scrittura è inconfondibile- sono contenuti nei codici Marc.Lat.IV 90-93 (2104-2107): contengono belle copie e bozze di testi con omelie e stralci di documenti relativi a concili (risposte, discorsi, sermoni) accuratamente legati in 4 volumi di grande formato (citati in Vitali 1982, p.15, n.44 ma non riconosciuti come autografi). 

Lettera di condoglianze di Ascanio Varese (ACRRovereto, Ambrogio Rosmini, 6.7)Manca finora una documentazione sicura della data di morte dell'Abate, ma negli archivi della Casa Rosmini si conservano alcune sue lettere dirette ai parenti di Rovereto, che aprono una luce sul periodo finale della sua esistenza: una scritta di suo pugno -con grafia inconfondibile- e le altre solo sottoscritte. Nella prima, vengono spedite le condoglianze per la morte di Cristina Parolini moglie di Nicolò il giovane (padre dei dedicanti dell'incisione), avvenuta nell'agosto del 1735: modello di "esemplare virtù e cristiana rassegnazione". Nelle successive da lui solo sottoscritte, dopo l'annuncio della morte del fratello Stefano avvenuta il 17 febbraio 1737, il 23 febbraio 1737, Varese si congratula anche da parte della cognata -che però non nomina- per il matrimonio di Nicolò Domenico Rosmini (figlio di Nicolò Francesco e nipote di Nicolò)- con Rosalia de Cosmi e scrive; "godiamo, grazie al Sig. Iddio buona salute"; l'8 giugno successivo scrive ancora per ottenere quietanza dei 1000 fiorini legati dal defunto perchè gli venisse dedicato o eretto un altare; e infine nell'ultima lettera chiede di sanare dei debiti contratti col defunto (5 ottobre 1737).

Non si conosce ancora la data esatta della sua morte: Muratori lo cita nel terzo volume delle Antiquitates Italicae Medii Aevii pubblicato nel 1740, come "nuper" -cioè da poco, recentemente-"minister generalis" e quindi ancora vivente (Casoria Salbego 1983, p.229) ma nel capitolo generale del 28 maggio 1739, indetto dall'Abate Pietro Vigodarzere non risulta presente (Casarotto 2001, p.234 n.29).