Ascanio Varese resta un protagonista discreto e sfuggente nel contesto sociale e culturale sia padovano che romano, sul cui ruolo e peso è possibile solo fare degli accenni: qualche testimonianza -anche epistolare- e gli stessi volumi aiutano a tracciare un primo profilo dei contatti più e meno stretti che ebbe con personalità sia dell'ambito scientifico che religioso, con l'auspicato obiettivo di futuri ulteriori approfondimenti.
Un manipolo di lettere tutte dirette ad Antonio Vallisneri comprese in un decennio (fra il 1713 e il 1723) confermano i rapporti costanti col medico e naturalista dello Studio patavino, promotore insieme ad Apostolo Zeno e Scipione Maffei del Giornale de' Letterati d'Italia: la prima del 14 giugno 1713, scritta in latino, accompagna l'invio di un dono, quasi certamente un volumetto di argomento esotico e scherzoso; purtroppo la biblioteca del Vallisneri, pur conservata all'Universitaria, non è più distinguibile dalle altre raccolte e al momento non sono state trovate dediche o note di dono utili a identificarlo. Tre biglietti poi, privi di data ma sicuramente scritti prima del 20 gennaio 1720 perché vi viene nominato come ancora vivente il Card. Giovanni Maria Lancisi, contengono una richiesta di "sponsorizzazione" concernente "all'affare consaputo": Varese all'accompagnatoria, allega due minute già preparate, una con la richiesta e l'altra con l'eventuale ringraziamento che Vallisneri avrebbe dovuto inviare a Lancisi, probabilmente perché gli ottenesse quell'incarico di Procuratore generale a Roma, che in effetti gli venne affidato in quell'anno. Infine in quella del 6 febbraio 1723, Varese -ormai Procuratore Generale dei Lateranensi a Roma come si firma- raccomanda un testo di Domenico Rossi, perché ne venga pubblicata una recensione nel Giornale come poi effettivamente avvenne nel n.34.
Fra i suoi amici -per loro stessa dichiarazione- lo scrittore e collezionista Leone Pascoli, il medico riminese Janus Plancus (amico a sua volta di Vallisneri) forse conosciuto durante il viaggio a Roma nel 1725-1726, e il pittore Pier Leone Ghezzi (Dorati Da Empoli 2008; 2017): Pascoli menziona Varese quale fonte fededegna delle notizie sul condottiero Giovanni Gregori -protagonista della resistenza padovana al bastione della gatta contro la Lega di Cambrai (1509)- riportate nelle sue Vite de' pittori, scultori, ed architetti perugini. Il secondo, nell'Orazione funebre che dedicò al padre Alessandro Giuseppe Chiappini canonico lateranense (1677-1751), ricorda la biblioteca "di S,Giovanni di Verdara, accresciuta o per poco rifatta anch'essa del tutto dal Padre Abate Varese, altro Generale di questo nobilissimo Ordine, già mio amico anch'egli"; il terzo gli dedica due disegni: una gustosa caricatura, di piccolo formato, in zucchetto e talare, oggi conservata al British Museum e un ritratto a figura intera preso nel 1728, ma non solo: si fa prestare due oggetti e due gemme della collezione varesiana e li immortala nei suoi album di disegni.
Proprio il visitatore dell'ordine lateranense e confratello Chiappini, nel giugno 1730 suggerì a Varese di portare a conoscenza di Lodovico Muratori "sedici sigilli" dalla sua collezione dando inizio ad un piccolo carteggio: non solo i sigilli vennero spediti ma Muratori ne pubblicò alcuni nel terzo volume delle sue Antiquitates Italicae (Spanio 1982, pp.12-13); in realtà contatti con Muratori per il tramite di Vallisneri c'erano stati già nel gennaio 1722: il primo infatti aveva chiesto di far ricopiare il codice delle "Gesta Berengarii imperatoris" (Marc. Lat. XII, 45 [=4165]) ma Varese aveva dovuto rifiutare sia per mancanza di copisti capaci sia per sua impossibilità personale. "Le note" -scrive Vallisneri riportando in una lettera del 3 gennaio le parole dell'Abate- "mi assicura essere tutte...grammaticali, e di niun valore"; alla fine Muratori si servì dell'edizione di Adrien Valois che a sua volta aveva utilizzato la trascrizione del codice di Verdara fatta da Nicolas Heinsius, durante la sua sosta a Padova nel 1648 (Spanio 1978, pp.119, 253, 256-7).
Anche le dediche o le note di possesso e di dono lasciate soprattutto su alcuni volumi, raccontano qualcosa delle frequentazioni romane e padovane del prelato: il confratello Felice Ramelli, pittore di fama, che risiedeva a S.Maria della Pace e che gli donò la miniatura oggi conservata in Universitaria; il cardinale Filippo Maria Monti, conosciuto forse a Roma, dove fu segretario della congregazione concistoriale nel 1730 e nel 1735 Segretario di Propaganda fide, gli donò un libro di numismatica; il bibliotecario della Vaticana Giuseppe Simone Assemani, da cui ebbe gli atti del Concilio di Embrun; il professore di astronomia e "meteore" padovano Ludovico Riva (1698-1746) che gli regalò le Origines Juris Civilis; l'Abate Generale e confratello Cesare Benvenuti, teologo ricercato ed esaminatore sinodale che gli fece avere la vita di S.Agostino e un volume di Louis Francois Du Vau sul peculio dei religiosi.
Varese, in quanto Abate Generale, aveva anche l'incarico di visionare e valutare le opere dei canonici lateranensi proposte per la stampa, per una prima licenza che regolarmente inserita insieme a quella della S.Congregazione dell'Indice, si può leggere prima dell'imprimatur e del testo vero e proprio e fu proprio lui a vidimare il Discorso storico-cronologico-critico della vita comune de' Chierici del P. Benvenuti e l'edizione della Vita Augustini di Possidio, opera di Giovanni Salinas, giovanissimo studioso e confratello, di cui Varese possedeva due volumi: uno con nota autografa e l'altro in cui l'Abate annota la morte prematura del giovane -"demissus est Roma die 27 xcembris 1732" a soli 32 anni di età - elencandone le particolari doti spirituali e filologiche con affetto davvero paterno; per parte sua il giovane Salinas lo ricorda a sua volta nella dedica del Possidio con altrettanto affetto riconoscendogli due meriti ereditati dai Padri del passato: l'assenza di "spocchia" -si direbbe oggi- nonostante la vasta cultura, al punto da avere nei confronti di tutti "paterna maternaque viscera" e la biblioteca di S. Giovanni "che un tempo fiorente e poi per la tristezza dei tempi decaduta, non solo restituì all'originario splendore ma innalzò ben oltre l'antico" unita ad un "Museo ricco di rare monete e di tutti quegli strumenti utili ad indagare la più oscura antichità".