Qualcosa degli innumerevoli tesori un tempo raccolti in San Giovanni di Verdara, si conserva anche nella Biblioteca Universitaria di Padova: si tratta di una "miniatura" e di alcune statue che al momento della divisione -trovandosi anch'esse nella Biblioteca del monastero- seguirono i volumi nella loro nuova e definitiva sede (Coggiola 1913, p.162 n.3; Rossetti 1780, pp.184 e sgg.).
Il bibliotecario Roculini con lettera del 16 aprile 1784 (ASV, Riformatori allo Studio di Padova, filza 141) parla anche di "dodeci statue di marmo di Carrara" precisando che "in questa Publica Libraria non vi sarebbe luogo opportuno e comodo per collocarle" ma non è chiaro se quelle oggi qui conservate vi fossero comprese; i Riformatori si compiacquero di "rimarcare l'assegnazione" con lettera del 27 successivo, insieme ai "tavolini di marmo" che però non sono sopravvissuti alla storia e al trasferimento che nel 1912 portò la Biblioteca Universitaria di Padova dalla sede originaria presso la Sala dei Giganti al Liviano, nella sede attuale in via S.Biagio: la prima biblioteca in Italia costruita con criteri moderni, appositamente per uso bibliotecario, su progetto dell’ing. Giordano Tomasatti, pubblicato nel Manuale dell’architetto di D. Donghi nel 1930.
La "miniatura" citata dai documenti, venne realizzata su una placchetta d'avorio (146x113 mm) dall'abate e canonico lateranense Felice Ramelli (1666-1740) miniatore molto celebre che visse a Roma e lavorò a Torino al servizio della corte sabauda. Sul rovescio due note manoscritte: la prima si riferiva al dono fatto ad Ascanio Varese nel 1724 mentre la seconda, successiva alla chiusura del Monastero, ricordava che l'oggetto era di proprietà della Biblioteca Universitaria; anch'esse ci sono note solo dalla testimonianza del bibliotecario Coggiola che le vide ancora presenti nel 1913, mentre oggi sono purtroppo perdute. (Coggiola 1913, pp. 163-172):
Eximium hocce artis opus et amoris monumentum donante perhumaniter liberaliterque Reverendissimo P. Ab. Felice Ramelli C.R.L. nobili aeque ac inimitabili artefice a Clemente XI P. M. et Jacobo Stuardo Angliae Rege honoribus affecto et laudibus celebrato cunctis nemini ignoto die XI aprilis ann. MDCCXXIV recepit qua debet animi gratitudine D. Ascanius Varesius Ab. et proc. generalis C.R.L. Patavinus.
Don Ascanio Varese, Abate e procuratore generale Canonico Regolare Lateranense padovano ricevette questo capolavoro di arte e pegno di affetto, donato con umanità e generosità dal Reverendissimo Padre Abate Felice Ramelli, Canonico Regolare Lateranense, nobile e inimitabile artista, onorato e celebrato con ogni lode da Papa Clemente XI e dal re d'Inghilterra Giacomo Stuart, ignoto a nessuno, il giorno 11 aprile 1724; con la dovuta riconoscenza.
Simone Guerriero assegna i due Pagodi cinesi e il San Gerolamo all'opera dello scultore Giovanni Bonazza (1654-1736) artista molto attivo nel contesto padovano: i primi -alti 40 cm e appoggiati ciascuno su un piedistallo - anche se in chiave grottesca, confermano il gusto tutto settecentesco per i soggetti esotici ed in particolare per le cineserie: diversi i volumi che si interessavano a quel paese presenti tra le raccolte del monastero; il secondo, che ben si adattava a decorare gli ambienti della biblioteca, dedicati allo studio e alla ricerca, rappresentato secondo la tradizionale iconografia, mentre contempla -con la pietra della penitenza in mano- i libri delle Sacre Scritture, alla cui traduzione si era dedicato, si affianca ad una Maddalena penitente probabilmente di altra mano (Guerriero 2002, pp.90-93, figg.32a-b e 33).