Apre questa sezione lo splendido telèro con le Nozze di Cana del Padovanino che fino al 1783 ornava il Refettorio di San Giovanni di Verdara a testimonianza di quale tesoro d'arte fosse conservato nel complesso della chiesa e del monastero e su quali risorse potessero contare i canonici per assicurarsi l'opera di artisti fra i più rinomati disponibili sul mercato. Oggi lo si può ammirare nei locali della Scuola Grande di San Marco a Venezia dove risiede dal 1948 come deposito dalle Gallerie dell'Accademia, suo primo riparo quando ancora era occupato dal monastero dei canonici lateranensi di S. Maria della Carità, che avevano accolto anche gli ultimi confratelli da Verdara al momento della soppressione e il loro mobilio (ASVe, Aggiunto sopra Monasteri, b.115, reg.13, 18 e 27 marzo 1783).
A Verdara c'erano moltissimi dipinti: dalle miniature alle pale d'altare, e su diversi supporti (tela, rame, avorio); Rossetti nella sua guida, tracciando con precisione un percorso che descriveva prima la decorazione della Chiesa e poi quella presente nella sacrestia e nel monastero dove era ospitato il Museo, elenca opere di Stefano dall'Arzere, Tiepolo, Rotari (due pale una con la Natività di Maria e l'altra con S. Ubaldo vescovo), Ricchi, Pietro Bacchi da Bagnara oltre a "Ritratti ad olio, miniature, e quadri eccellenti, tra cui distinguesi un Davide di Gerolamo Forabosco; una Cena di Andrea Vicentino; la Cena in Emaus; opera assai bella di Giovan Battista Piazzetta; Due Galli, l'uno spirante, l'altro, ch'esulta per la vittoria riportata sopra il suo nemico, che tiene sotto de' piedi, opera dell'incomparabile Abbate Giovanni Agostino Cassano, Genevese (Rossetti 1780, p.186) e poi Perugino, Bassano, Carracci e tanti altri ancora. La critica successiva, fatta via via chiarezza su alcune attribuzioni, ha permesso di averne un elenco quanto più possibile esauriente, che comprende nel suo insieme un centinaio di pezzi di cui qui verrà proposta -per evidenti motivi- solo una selezione rimandando alla bibliografia per le considerazioni di carattere artistico e di contesto storico-culturale (Banzato 1991 e 1997).
Le opere non vennero però spostate tutte nello stesso momento: le prime tavole a partire furono quelle conservate nella "Galleria" del Museo per essere poste a decoro delle stanze dell'amministrazione civica; già nel 1783 l'Ultima Cena del Veronese per esempio, ornava le stanze del collegio dei Sindaci Governatori del Monte di Pietà; la Cena in Emmaus del Piazzetta, la stanza delle "gravezze" del Palazzo Comunale; la "Madonna col Bambino e i SS. Giovannino e Francesco" di Alessandro Turchi trovò posto nella stanza dei Magnifici Signori Deputati insieme con la Flagellazione.
Quando molti anni dopo -sotto la seconda dominazione austriaca- l'amministrazione comunale acquisì anche Palazzo Mussato con i suoi arredi si rese imperativa una nuova sistemazione dei beni artistici e la creazione di una vera Pinacoteca Civica su progetto dello stesso Gloria presentato nel 1855; la realizzazione del catalogo «Descrizione dei quadri dipinti, delle medaglie in marmo, dei piatti e pezzi di maiolica ecc. conservati nel palazzo municipale di Padova compilata d’ordine del signor podestà nob. Achille de Zigno da Andrea Gloria cancellista per l’Archivio antico l’anno 1847» (BCPd, BP 1016/VI.2) rese possibile anche il recupero delle raccolte che tornate nel 1856 sotto il controllo della Prefettura di Venezia stavano per essere vendute e il 5 gennaio 1857 grazie all'intervento di Francesco Giuseppe in persona sollecitato da Gloria, nascevano i Musei Civici di Padova. Poi fu la volta della Chiesa.
L'apparato iconografico della chiesa con i cicli relativi ai Santi dell'ordine lateranense e alla vita di Cristo e della Madonna, restò in sito almeno fino al 1866, dal momento che le funzioni continuarono prima per gli orfani e poi a cura di Piaristi e Gesuiti per gli studenti (Gloria 1859, p.227); poi parte di esse, quella ritenuta di minor valore venne venduta all'asta, cosa che spiegherebbe la presenza di due tavole -ritenute perdute- del Ricchi con la Cena in Emmaus e la Discesa di Cristo al Limbo nella chiesa di S. Giuseppe di Baricetta dove pure si trovano tre altari di S. Giovanni.