La ceramica greca

La collezione archeologica di Guido Cibin comprende alcuni vasi di produzione greca e magnogreca. Nello specifico si tratta di una pisside (piccolo contenitore per oggetti femminili), un aryballos (unguentario ad uso maschile), due skyphoi (tazze utilizzate per bere durante i banchetti), tre produzioni vascolari miniaturistiche e due appliques (decorazioni plastiche applicate ai vasi), databili orientativamente tra il VI e il IV secolo a.C. Poiché non si dispone di una documentazione relativa al luogo di ritrovamento, questi manufatti restano purtroppo slegati dal loro contesto archeologico originario.

Ciononostante appare fondamentale lo studio di questi materiali, non solo per una conoscenza più approfondita della collezione, ma soprattutto per la rilevante importanza che lo studio dei materiali ceramici rappresenta in ambito archeologico: aspetto che è ben evidente dalla portata del fenomeno. Difatti, le produzioni vascolari greche e magnogreche si articolano in un periodo estremamente ampio, andando dalla seconda metà dell’XI al II secolo a.C., e conoscendo anche un’ampia diffusione in tutto il Mediterraneo. In questo ampio arco cronologico si delineano diverse produzioni e si moltiplicano le forme ceramiche che hanno una loro specifica destinazione d’uso: oltre alle forme sopracitate e che compongono la qui presente collezione, vi erano diverse tipologie di coppe adoperate nei banchetti, recipienti per l’acqua e il vino o contenitori di unguenti e profumi.

Le produzioni ceramiche però non avevano solo una funzione prettamente legata alla loro destinazione d’uso: difatti attraverso le scene figurate, rese sempre più complesse e armoniose dal progredire delle tecniche, era possibile veicolare determinate ideologie, mode e usanze tipiche dell’area di provenienza del singolo manufatto. Lo studio permette quindi di far luce su molteplici aspetti relativi alle aree di diffusione, ai periodi cronologici, alle funzioni delle produzioni ceramiche nonché, attraverso le scene figurate, conoscere aspetti di vita quotidiana che altrimenti sarebbero a noi sconosciuti: questa è, in sintesi, l’importanza dello studio relativo alla ceramica.

La collezione comprende innanzitutto due produzioni corinzie accostabili a quel vasto mondo che riguarda la cura del corpo: si tratta di una pisside (piccolo contenitore di oggetti femminili), giunta integra e con il suo coperchio originale, e di un aryballos, che rappresenta probabilmente uno dei pezzi più interessanti dell'intera collezione. Tale aryballos è un unguentario maschile, di forma globulare, caratterizzato dalla presenza di diversi fregi orizzontali, alternati bianchi e neri, che inquadrano una scena figurata nella porzione centrale del vaso. Questa, resa con figure a silhouettes nere e sovradipinture, rappresenta una teoria di quattro opliti (da oplon, il grande scudo circolare che identifica il soldato greco), una raffigurazione tipica degli unguentari maschili. Sia la pisside che l’aryballos possono essere datati alla prima metà del VI secolo a.C., ovvero alla fase medio-tardo corinzia (590-550 a.C.): essi rappresentano quindi l’ultima fase del monopolio commerciale che Corinto detenne in tutto il Mediterraneo dalla fine dell’VIII sino alla metà del VI secolo a.C., quando la ceramica corinzia cominciò ad essere eclissata dalla ceramica attica, sempre più presente nel mercato.

Di produzione corinzia è anche uno skyphos, un particolare tipo di tazza utilizzato durante i banchetti. Alla stessa forma appartiene pure un esemplare in ceramica a vernice nera, di probabile produzione attica.

Nella collezione sono presenti anche tre interessanti esemplari miniaturistici. Questo tipo di ceramica consiste in tutte quelle produzioni vascolari realizzate in dimensioni ridotte rispetto alle forme canoniche: si tratta di un campo ancora parzialmente inesplorato, in quanto studi scientifici puntuali sono stati avviati solamente negli ultimi due decenni e le interpretazioni degli studiosi in materia sono molteplici, anche nella definizione stessa di questa particolare tipologia. La ceramica miniaturistica si rinviene frequentemente nei contesti funerari o nei santuari come donativo: ma per quanto concerne la collezione Cibin non si conosce il contesto di provenienza di questi reperti, quindi risulta arduo collegarli ad uno o all’altro ambito. Nello specifico, la collezione comprende due skyphoi ed una kotyle miniaturistici, delle tazze biansate che riprendono le forme di vasi potori adoperati nei banchetti, ma in dimensioni ridotte e non funzionali all'uso: ad esempio la kotyle, essendo alta appena 3 cm e riuscendo quindi a contenere solo una minima quantità di liquido, poteva essere utilizzata esclusivamente per libagioni con valore simbolico.

Chiudono questa sezione due appliques in ceramica a vernice nera, cioè delle decorazioni plastiche ottenute tramite una matrice, che spesso venivano fissate con funzione decorativa nelle giunzioni del corpo ceramico e che possono essere datate tra il V e il IV secolo a.C. Nello specifico, le appliques della collezione Cibin rappresentano una menade e un satiro, due figure che richiamano la cerchia dionisiaca: di conseguenza si potrebbe supporre che le appliques potessero far parte di due vasi potori da banchetto.