Impero bizantino

Erede della tradizione romana, la monetazione bizantina fu trimetallica e si articolò in numerosi nominali: solidi, semissi e tremissi in oro, vari nominali d’argento, nonché un sistema articolato di valori bronzei, dal più grande pezzo da 40 nummi (discendente del follis) fino al più piccolo da un nummo. Messa a punto a partire dal 498 d.C. da Anastasio, quest’ultima parte dell’ordinamento bizantino fu attuata per facilitare l’impiego della moneta bronzea. I vari nominali di metallo vile recavano un segno di valore in nummi segnato in numeri greci: M (40 nummi), K (20 nummi), I (10 nummi), Є (5 nummi). Con Giustiniano e con la sua opera di rioccupazione dei territori imperiali, questo sistema monetario si dispiegò in tutto il bacino del Mediterraneo. Sotto il profilo tipologico, queste monete si distinguono per la ripetitività e la schematizzazione delle rappresentazioni: al dritto il busto frontale dell’imperatore viene reso con una stilizzazione che non lascia spazio ad alcuna espressione personale, visto che l’attenzione si concentra sulle figurazioni di natura religiosa. La croce diventa uno dei motivi dominanti, dapprima come attributo o particolare accessorio e quindi come immagine centrale della moneta.

I primi segni di declino del sistema monetario bizantino si ebbero con la fine del VII secolo, quando il fenomeno più eclatante fu la rarefazione del circolante bronzeo: il peso del follis calò drasticamente, arrivando anche sotto ai 4 grammi, rispetto ai 12 grammi del periodo precedente. Diminuzione che si deve alla necessità di aumentare il numero dei pezzi circolanti in un contesto di difficile approvvigionamento del rame, come dimostra il sempre più frequente ricorso a riconiazioni, a tondelli mal fabbricati, a tosatura delle monete precedenti; analogamente in Sicilia sono reimmesse in circolazione monete bizantine precedenti contromarcate talvolta su entrambe le facce (si veda sotto il follis di Eraclio).

Dall’VIII secolo, l’intero sistema conobbe un progressivo processo di semplificazione, arrivando ad essere imperniato principalmente sul nomisma in oro, sul miliarense, una nuova moneta d’argento introdotta nel 721 da Leone III, e sul follis di bronzo; verso la fine del X secolo anche lo stesso nomisma entrò in una crisi irreversibile. Contemporaneamente, forse per la ripresa dei commerci, si verificò un incremento delle coniazioni bronzee, tra cui ebbero un ruolo importante emissioni corpose di folles privi di tipologie legate alla figura imperiale, con al dritto l’immagine del Cristo benedicente e al rovescio una formula invocativa. Alla crisi della moneta aurea rimediò nel 1092 l’imperatore Alessio I, emettendo una nuova moneta d’oro, l’ipèrpero, accompagnata da due altri nuovi nominali, uno in lega di rame e argento e uno in rame, con rapporti di cambio garantiti dall’autorità.

Le 472 monete bizantine della collezione Strolin offrono una panoramica ampia e pressoché completa della monetazione bronzea del periodo, in cui primeggiano in particolare gli imperatori di VI secolo e i folles anonimi di X-XI secolo.