L'espressione latina ex libris indica un contrassegno (timbro, vignetta, scrittura, cartellino a stampa) apposto generalmente sul contropiatto o su una carta di guardia anteriore, utilizzato per attestare la proprietà di un libro. Questa tipologia di segno di possesso, riscontrata sin dai tempi più antichi, ebbe una graduale evoluzione a partire da semplici iscrizioni manoscritte (fig. 1) sino alla forma moderna del cartellino a stampa (fig. 2).
Cruciale fu l'avvento della stampa tipografica ed in particolare lo sviluppo della xilografia in Germania, nella seconda metà del Quattrocento, quando per dare un maggior rilievo all'indicazione di proprietà, furono adottati dei foglietti, con stampato o inciso il nome del possessore, il suo stemma o un'impresa o una figura allegorica, spesso accompagnati da un motto.
Il primo ex libris datato fu creato nel 1516 dal pittore e incisore tedesco Albrecht Dürer per Hieronymus Ebner (fig. 3).
Risalgono invece al Cinquecento i primi ex libris italiani conosciuti: quello del vescovo di Tortona Cesare dei Conti Gambara (1548), del giurista pistoiese Niccolò Pilli (1559), o il contrassegno di possesso del patrizio veneziano Giacomo Contarini (1560 circa), riportato su tutti i suoi volumi, donati tramite lascito alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia (fig. 4).
Nel corso del Seicento, si affermò l'uso dell'ex libris araldico, recante lo stemma gentilizio o il ritratto del titolare affiancato da un motto, con il quale nobili, ecclesiastici, ma anche le stesse biblioteche contrassegnavano le loro raccolte librarie (fig. 5). Questa tipologia diverrà di uso comune nel Settecento e la tecnica xilografica verrà gradualmente sostituita da tecniche di realizzazione più raffinate come quella calcografica e infine dalla litografia.
Allo stesso tempo la diffusione delle accademie e delle società scientifiche favorì la nascita di nuove biblioteche connesse al rifiorire degli studi, alimentando l'interesse per il libro in tutte le sue componenti, compresa l'ornamentazione.
Tra Ottocento e Novecento l'ex libris conobbe la sua massima diffusione: divenne oggetto di collezionismo e di studio e iniziò ad affermarsi non più solo come un segno di proprietà, ma come una vera e propria forma d'arte autonoma, su cui si cimenteranno esponenti di fama dell'Art Nouveau (fig. 6-7), tra cui Gustav Klimt, il futurista Umberto Boccioni e l'artista ed incisore olandese Maurits Cornelis Escher.
Accanto alla fioritura dell'ex libris come forma artistica, esso inizia ad essere anche oggetto di collezionismo. Nascono infatti le prime società di collezionisti di ex libris a livello internazionale: la prima fu l'Ex Libris Society di Londra, avviata nel 1891, per arrivare oltreoceano con l'American Bookplate Society, nata a Washington alla fine del XIX secolo. Fondata a Torino nel 1912, l'Associazione Italiana fra amatori di ex libris ebbe invece poca fortuna e una durata brevissima.
Ormai indipendente dal suo utilizzo primario, l'ex libris riflette sempre di più il gusto e la personalità del suo proprietario o collezionista (fig. 8-10).
L'analisi e lo studio di un ex libris o di altri segni di possesso non servono solamente a ricostruire la storia di un libro e risalire ai suoi proprietari precedenti, ma anche a ripercorrere la sua mobilità nello spazio e nel tempo, permettendo ai posteri di fare, nel caso specifico degli atlanti, un vero e proprio "viaggio nel viaggio".
L'utilizzo dell'ex libris non si è esaurito nemmeno ai giorni nostri: una semplice firma su un libro che abbiamo a casa è a tutti gli effetti un segno di possesso!