Il nucleo più importante e più studiato di S. Giovanni di Verdara, è oggi conservato alla Biblioteca Marciana per la parte ancora presente sugli scaffali al momento della soppressione: grazie ai documenti, è noto che durante tutto il Quattrocento, la biblioteca risorta a nuova vita si arricchì di manoscritti greci, latini ed ebraici con donazioni e legati grandi e piccoli di celebrati docenti e di professionisti laureati presso lo Studio Padovano: il medico Girolamo Santasofia (3 codici; 1442); Bernardo Fortis d'Aragona (1443); il vescovo di Concordia Giovanni Battista dal Legname (1445, 101 codici); i professori Gaetano da Thiene (1466, 10 codici) e Giovanni Marcanova (1467, 521 codici di cui 108 vennero poi rivenduti per volontà stessa del testatore al medico Girolamo delle Valli); il rettore della parrocchia di S. Fermo a Padova e maestro di grammatica Pietro da Montagnana (1477); i giuristi Galeazzo Capodilista e Modesto Polenton; il lettore di retorica Giovanni Calfurnio (1502, 229 volumi) e ancora Giovanni Vincenzo Dolce.
Già agli inizi del Seicento tuttavia, i fasti della generazione precedente dovevano essere un ricordo se in una nota manoscritta in codice oggi conservato alla Bodleian Library (D'Orville 147) si menzionano una permagna perturbatio e tumultus che portarono all'allontanamento di tre confratelli in un clima di odi, tradimenti, invidie (Vitali 1982, p.10); ancora pochi anni dopo -nel 1624- il padre Gabriele Pennotto, storico dell'Ordine lateranense scriveva nella sua Historia tripartita che la biblioteca Viridiana, un tempo famosa "non solum aulae magnitudine et pulchritudine" ma -per la quantità e la selezione di libri e manoscritti di ogni epoca- considerata di grande pregio fra le altre italiane
"licet nunc, vel nostrorum incuria vel externorum iniuria multum sit deminuta" (Sambin 1955, p.271).
In effetti non è possibile conoscere le cifre esatte del posseduto, anche se ai manoscritti venne da sempre riconosciuto maggior valore e importanza: Tomasini ne elenca 550 mentre il catalogo del 1760, solo 470: già nel 1549-50 Edward Henryson (1522-1590) ne acquistò alcuni di Pietro da Montagnana per Ulrich Fugger (1526-1584); il Gellio di Pietro di Montagnana entrò a far parte della biblioteca del giurista e bibliofilo Claude Dupuy (1545-1594; Raugei 2001), ospite a Padova nel 1570; intorno al 1663 Marquard Gude (1635-1689) ne comprò altri: quelli identificati sono 17; nel 1717 altri ancora furono venduti a Sir Thomas Coke (1697-1759) che li portò in Inghilterra e nel 1720 altri a John Gibson agente per conto di Sir Edward Harley (Elenco codici).
Nel 1780, a seguito delle prime soppressioni attuate dallo Stato Veneto, arrivarono a Verdara 117 codici provenienti dal convento di S. Bartolomeo di Vicenza fra i quali si trovava anche il legato del filosofo Nicoletto Vernia, che in un primo momento aveva pensato di donarli a Verdara (1483) salvo poi modificare nel testamento del 1499 le sue disposizioni; questi codici corrispondono alla "Nota" di manoscritti "non compresi negli inventari" redatta nel 1784 dall'Abate Morelli, quando verificò il posseduto sulla base dell'Index del 1760: distinti dagli altri e prima di passare in Marciana, furono conservati nel "Museo" che svuotato dalle raccolte, venne destinato ad accogliere tutto quello che non rientrava negli inventari come conferma una nota a chiusura dell'elenco (ASVe, Riformatori allo Studio b.141, 20 gennaio 1784):
Questi manoscritti si trovano nella stanza del Museo, sopra una tavola con un viglietto che dice Manoscritti non compresi nel Catalogo n.117
La bibliografia, piuttosto ampia, li ha studiati prevalentemente a partire dai loro primi possessori e donatori, cercando di identificarli sulla base degli elenchi presenti nei testamenti, delle note di possesso o di altre caratteristiche citate nei cataloghi, ed eventualmente di riconoscerne le attuali collocazioni dopo averne ricostruito gli spostamenti dovuti ad acquisti di grandi collezionisti come quelli già citati, a vendite e passaggi ereditari; oppure li ha considerati come testimoni della tradizione manoscritta di determinate opere e autori o ne ha esaminato l'apparato decorativo e le miniature: impossibile quindi riassumere qui la storia delle dispersioni oltre a questioni artistiche, storiche o filologiche complesse, talora dibattute, e ricerche ancora in fieri. Vi proporremo però un primo quadro informativo (senza alcuna pretesa di essere esaustivi) perché chi voglia affrontare ulteriori ricerche, abbia i fondamentali termini di riferimento, mentre rimandiamo alla mappa per un panorama d'insieme sulle dispersioni.