Il comitato degli studenti, finalizzato a integrare le celebrazioni con iniziative specifiche, fu istituito il 15 marzo 1921 per volere del rettore Lucatello e del Comitato Generale, previo parere del Consiglio della Federazione Studentesca.
La prima riunione si tenne il 4 maggio 1921 a Palazzo Capodivacca. Il comitato decise di coniare una propria medaglia commemorativa e di predisporre una pubblicazione (Patavina Libertas. Gli studenti di Padova nel VII centenario dell'Università). Fu organizzato anche un corteo storico e si decise che tutte le attvità avrebbero dovuto «cooperare in tutti i modi alla fondazione della Casa dello Studente».
Nelle riunioni successive il numero dei componenti salì da 8 a 23: furono aggiunti al programma balli, spettacoli teatrali e canori. Si verificò inoltre un avvicendamento nella composizione del comitato, inizialmente presieduto da Antonio Galata e successivamente affidato a Umberto Girardi, che operò «in perfetto accordo con le Commissioni accademiche».
Prioritario, fra i molti problemi che il comitato si trovò ad affrontare, fu quello degli alloggi.
Così come si verificò per le delegazioni dei docenti, anche quelle studentesche risultarono in numero superiore rispetto alle previsioni. Il Comitato chiese pertanto aiuto a diverse istituzioni cittadine (sportive, culturali, politiche e collegi): tra quanti risposero affermativamente ricordiamo il Comune di Padova, che mise a disposizione i letti del padiglione delle Malattie esotiche dell'Ospedale, e l'Istituto Camerini Rossi.
Negativa fu invece la risposta della Società maschile di S. Vincenzo de Paoli. Non si è conservata traccia di un eventuale riscontro da parte del Ministero della Guerra, interpellato direttamente dal rettore, cui erano stati richiesti 350 lettini da campo.
Dotato di un budget modesto, il comitato dovette comunque affrontare impegni gravosi: al costo della medaglia destinata alle delegazioni, si aggiungevano, tra le altre, le spese per il vitto e per i trasporti, quelle per la realizzazione di un film-documentario sui festeggiamenti, commissionato all'Ambrogio Film, e per il successivo noleggio della sala in cui sarebbe stato proiettato. Si decise quindi di attingere alla sottoscrizione cittadina, in particolare chiedendo donazioni ai cinema, ai teatri e agli alberghi.
Tutti i festeggiamenti dei goliardi furono concordati con il Corpo Accademico, a testimonianza della stretta collaborazione che si era instaurata fra docenti e studenti. Quest'ultimi si impegnarono per l'esecuzione del nuovo inno, e l'Ateneo concesse al comitato l'aula F; Carlo Landi, libero docente di lingua e letteratura latina, collaborò alla stesura dell'invito in latino. Da parte sua il rettore mise a disposizione dei posti in platea per la Cerimonia Solenne del 15 maggio.
Come già ricordato, il 13 maggio 1922 furono consegnati i labari ricamati dalle donne del Triveneto. Nel pomeriggio si svolse la Festa delle Matricole al Bassanello.
Il 14 maggio fu l'inizio dei festeggiamenti solenni. Gli studenti, in costumi trecenteschi, accolsero i goliardi di Vicenza che restituirono «ai padovani la conquistata rua» (tradizionale giostra di legno che costituiva l'attrazione principale della festa del Corpus Domini nella città berica). Successivamente i padovani e i vicentini si unirono al comitato veneziano per il corteo in costume del Cinquecento, per accogliere al Bo i Riformatori dello Studio (la magistratura veneziana preposta allo Studio di Padova).
Nel pomeriggio gli studenti si spostarono in Prato della Valle, dove si svolse la corsa delle bighe.
La mattina del 15 maggio una folla di giovani goliardi si radunò in stazione desiderosa di scortare il re Vittorio Emanuele III durante i numerosi impegni della giornata. Come prevedibile, gli studenti furono allontanati dalla fanteria e obbligati a ritirarsi. Tornarono, quindi, a Palazzo Bo piuttosto mogi e il re, venuto a conoscenza della situazione li invitò allora ad un incontro: i fortunati selezionati si diressero quindi in Salone per la Cerimonia Solenne, mentre gli altri assistettero in Piazza delle Erbe al decollo di una piccola mongolfiera.
La serata impegnò buona parte della città: ad aprire il programma fu una festa di gala in Piazza Cavour, i cui convitati si spostarono successivamente presso il Teatro del Parco dove il Sindacato Nazionale Allievi Ingegneri aveva organizzato un veglione. Nel frattempo, la Compagnia della Lanterna suonava a bordo di una barca lungo il corso del Bacchiglione.
Mentre i professori, il 16 maggio, andarono a visitare Villa Pisani, gli studenti, dopo la corsa nelle botti, si recarono ad Abano Terme. Alle 16:00 erano nuovamente a Padova per dare il via a un nuovo corteo: questa volta a sfilare erano carri allegorici raffiguranti le diverse delegazioni intervenute ai festeggiamenti. A guidare i carri erano stati selezionati quegli studenti che avevano ricevuto dall'Esercito la nomina di ufficiali a cavallo.
Padova si autorappresentò con un caro intitolato L'apoteosi di Minerva.
Alle ore 23:00 i goliardi intervennero alla festa offerta dalla contessa Maria Papafava nel suo palazzo, presentando a tutti gli ospiti il nuovo ordine goliardico del Bo.
La giornata conclusiva, (il 17 maggio) vide professori e studenti recarsi a Venezia: «Dopo quattro giornate turbinose, Padova ebbe pace; l'Università e i suoi ospiti erano tutti a Venezia. In Piazza San Marco la banda bassanese saziava la folla di di fiere e feroci armonie; i berretti goliardici si vedevano dappertutto, dalle calli più anguste al Palazzo dei Dogi, dalla stazione al Lido. Molti da Venezia si spinsero fino a Trieste, e non ricomparvero che verso la fine della settimana, esausti e sfiatati. Del resto i loro colleghi, tornati la sera a Padova per assistere al Mefistofele non erano meno stanchi; ma seppero ugualmente tenere alto il nome della goliardia patavina. Poi, gloriosi, ripresero la vita d'ogni giorno».