L'annuncio

Dopo anni di preparativi, interrotti dalla Grande Guerra, l'Università di Padova fu finalmente in grado di avviare l'organizzazione dei solenni festeggiamenti in onore dei settecento anni dalla sua nascita. Il primo annuncio, in italiano, risale al 1° agosto 1921 e fu redatto dal professore di letteratura italiana Giovanni Bertacchi, autore anche della cantica goliardica. 1921_02_19_incarico BertacchiIl messaggio ripercorreva le vicende che diedero origine all'Ateneo patavino e il tema fu ripreso anche negli inviti ufficiali spediti nel gennaio successivo.

Questa volta le lingue utilizzate furono il latino e il sanscrito, e la stesura fu curata rispettivamente da Vincenzo Ussani e da Ambrogio Ballini. I moduli per i delegati e i programmi furono tradotti nelle tre lingue principali (tedesco, francese e inglese) con l'aiuto di Aristide Baragiola. Baragiola, nazionalista, per parte sua avversava la «tendenza a voler escludere la nostra lingua italiana dalle relazioni internazionali», e quindi l'idea di un invito plurilingue.

Questa posizione non ebbe seguito e gli inviti furono spediti come previsto.

A essere invitati furono università, istituti, colleges e accademie da tutto il mondo. Ricevettero la comunicazione anche l'aristocrazia cittadina e i vertici militari. L'Università invitò anche Gabriele d'Annunzio, come ci racconta la pagina de Il goliardico del 3 marzo 1922: il poeta però, all'epoca affidato alle cure del celebre oculista Giuseppe Albertotti, non potè intervenire.

La gestione di un così elevato numero di inviti non fu affatto semplice: alcuni istituti, ad esempio, rimasero esclusi. La Fondazione Leonardo e la Fondazione Minerva, venute a conoscenza dei festeggiamenti per il Centenario e non vedendosi recapitare la convocazione, chiesero all'Ateneo chiarimenti su eventuali disguidi o limitazioni. Nonostante le lettere delle due Fondazioni fossero arrivate pochi giorni prima dell'inizio dei festeggiamenti, gli organizzatori offrirono immediatamente dei posti in platea per i loro delegati.

1922_05_13_studi trentiniTutt'altra cosa successe con la Società per gli Studi Trentini, che inviò il 13 maggio una lettera dai toni piuttosto risentiti: purtroppo era troppo tardi per risolvere il problema e quindi nessuno poté rappresentarla.

Ma se da una parte venivano dimenticati degli ospiti, poteva accadere che dall'altra ve ne fossero troppi. Nell'aprile del 1922 i giornali riportarono la notizia che erano stati diramati degli inviti falsi da parte di un misterioso burlone che firmava a nome di Ballini, che prontamente denunciò l'accaduto. A questo si aggiunsero le iniziative di singoli professori dell'Università, che invitavano, senza consenso del rettore o di Ballini, colleghi o addirittura intere Facoltà, come accadde per quella di Medicina di Bologna. Gli inviti ufficiali erano rivolti alle singole Università: spettava poi ai Senati Accademici decidere quali e quanti membri avrebbero partecipato all'evento. Eppure il 4 maggio il rettore bolognese Vittorio Puntoni scrisse a Ballini di un problema che si era creato nel suo Ateneo: un collega padovano aveva scritto alla Facoltà medica invitandola a designare i delegati che avrebbero presenziato ai festeggiamenti e successivamente aveva sollecitato il professor Arnaldo Maggiora Vergano a farsi eleggere come capo delegazione. Puntoni, allora, chiese conferma al responsabile padovano che, come possiamo immaginare dalla risposta del rettore felsineo, negò che tale iniziativa fosse ufficiale. La situazione si risolse facilmente, dal momento che la maggior parte dei delegati di Medicina coincideva in realtà con quelli già designati dall'Università, ovviamente non mancarono le Facoltà che, confuse, chiesero come mai a loro non fosse arrivato nulla.