La vita di Marino Cavalli intreccia varie volte la politica e la società patavine. In rapporti con Alessandro Maggi, Marco Mantova Benavides e Giovanni Cavazza, tra il 1550 e il 1558, di nuovo tra il 1560 e il 1563 e poi ancora tra il 1570 e il 1572 Marino è Riformatore allo Studio di Padova: fa cioè parte dalla magistratura che presiede l’Università, procurando, con autorità pari a quella del Senato, tutto quanto ritenga d’utilità all’Ateneo, come professori, studiosi, maestri, di cui stabilisce direttamente i compensi. Dall’aprile 1562 al marzo 1563 Marino è quindi anche podestà di Padova.
Il suo impegno riformista viene celebrato da Domenico Campagnola in un grande telero un tempo in Palazzo Podestarile e ora custodito nell’Aula Magna del Monastero di Santa Giustina, ove Marino Cavalli è raffigurato in ginocchio mentre viene presentato da S. Marco al Redentore, con sullo sfondo Padova e ai lati i quattro santi protettori della città. Realizzato nei primi mesi del 1563 alla brusca interruzione del mandato di Marino come podestà, il dipinto fu forse commissionato dalla nazione germanica, che «in suo magistratu singularem semper affectionem benignitatemque sensit».
Durante gli anni padovani, Marino Cavalli entra anche in possesso del terreno, su cui sorgerà il fastoso palazzo nobiliare alle Porte Contarine. Tra il 1552 e il 1554 avviene il passaggio di proprietà di alcuni terreni edificati da Antonio Mastellari e dal livellario Oddo Quarto alla famiglia Cavalli. Il 9 gennaio 1562 Marino denuncia quindi il possesso di «quatro cassette alli Rimitani, acquistate da meser Antonio di Mastelari, item quartieri doi in circha con una casetta acquistadi da messer Zampaolo dei Relogi, quelli tutti sono in Contrà di Rimitani, relati in una casa da stancio per mio uso».