Nel 1561, probabilmente in vista della missione del primogenito Sigismondo presso la corte sabauda, Marino Cavalli raccoglie in uno speciale documento i consigli, che in base alla propria lunga esperienza ritiene possano essere utili a chi si sta avviando ad una nuova importante impresa diplomatica. L’Informatione dell’Ufficio dell’Ambasciatore contiene indicazioni sia di ordine pratico, sia relative ad un piano ideale pertinente l’alta dignità di vita, di cui l’ambasciatore deve continuamente dar mostra.
Al rappresentante dello stato presso le corti europee spetta «una famiglia ben accordata, insieme unita, ordinata, non scandalosa, costumata, atta a servire et non andare a piacere per il mondo».Per essere sempre pronto ad accogliere e piacevolmente intrattenere i propri ospiti, anche quando inattesi, l’ambasciatore deve portare con sé libri e giochi da tavolo, cibi e vini raffinati e una cucina componibile, «di pocco impedimento e di molto servitio».
Una figura chiave nelle trattative diplomatiche è quella del cuoco e pur di averne uno «bravo et eccellente» si deve essere disposti a pagarlo anche oltre il salario convenzionale, certi che se ne sarà poi ricompensati. «Ne hebbi io uno in Francia che si chiamava mastro Gigliolmo Normano. […] Costui sapeva lavorar de marciapani et cose de spiciarie; questo per amalati sapeva far stilati, pistati, siropi et serviciali, sope alla hongara, alla svizzera, alla italiana, alla spagnuola, francese, todesca et anglese». In un’occasione la sua arte fu tanto apprezzata dall’Imperatore Carlo V, che questi lo volle subito al suo servizio.
Non mancano infine consigli pratici, che riguardano la cura della persona dell’ambasciatore, cui Marino richiede naturalmente di essere ben addentro alla lingua e ai costumi dei popoli, con cui di volta in volta entra in contatto. Il perfetto uomo di stato deve però anche saper mostrare sempre buon gusto nella scelta di un abbigliamento adatto a rappresentarlo. «Mi piacerà sempre quella forma di veste che habbi del grave et non del stupendo et del admirativo, perché queste tali si tiran gli occhi d’ogn’uno, et tall’hor li putti et la plebe dietro con rumore, come se andassero a vedere orso over una girapha».