La storia del palazzo

Prima che museo, prima che sede universitaria, prima ancora di essere adibito a dogana o ad alloggio per l’esercito, Palazzo Cavalli fu per oltre due secoli prestigiosa dimora della nobile famiglia, cui lega il suo nome: i  Cavalli, “gentil’homeni di Venetia”.

Il contesto d'acque del palazzo nobiliare


Per comprendere le origini del palazzo, occorre dunque compiere un percorso a ritroso fino alla Padova del Rinascimento, la città che giustamente Shakespeare definì “culla delle arti”.

Agli inizi del Cinquecento, passeggiando tra le sue vie era possibile incrociare il giovane Tiziano mentre si recava al Santo per completare gli affreschi nella Scoletta, o trattenersi in conversazione con Pietro Bembo, che andava invece a incontrare la sua amante Faustina. Il collezionista d’arte Marco Mantova Benavides aveva da poco avviato la carriera di docente presso lo Studio patavino. Nel 1524 Alvise Cornaro commissionava all’architetto Giovanni Maria Falconetto la celebre Loggia. E mentre il profilo meridionale della città veniva profondamente rivoluzionato dallo stagliarsi della grandiosa mole di Santa Giustina, anche il fronte settentrionale subiva in quello stesso torno d’anni sensibili cambiamenti.

Si andava allora completando la costruzione della nuova cinta muraria, che con uno sviluppo di quasi 11 km, 19 bastioni e 7 monumentali porte d’accesso, rendeva la città di Padova “tanto forte che le femene… potrà vardarla”, come affermava orgogliosamente il condottiero Bartolomeo d’Alviano, promotore dell’iniziativa. Nel 1526 venne inoltre terminata la Conca delle Porte Contarine, straordinaria opera idraulica su progetto di Giacomo Dondi dell’Orologio: tramite un ingegnoso sistema a vasi comunicanti costituito da una vasca e due porte vinciane, la Conca garantiva il controllo delle acque tra il Naviglio Interno e il Piovego, permettendo il passaggio anche alle grosse barche da carico, che non potevano altrimenti superare il salto d’acque dato dal dislivello di oltre 2,5 metri. Superato lo sbarramento, le “peate” e i “burci” carichi di carbone, sabbia e cereali prendevano quindi la via della Laguna, mentre le imbarcazioni più piccole risalivano il Naviglio fino alle attuali riviere Tito Livio e Ponti Romani.

Era la Padova fluviale decantata da tanti viaggiatori e forestieri, e di cui l’architetto vicentino Vincenzo Scamozzi celebrava persino la salubrità d’aria: “I Cittadini vi habitano […] comodamente, e per la qualità delle case, e per lo spacio delle corti e giardini […]. Nella città di Padova, […] l’aria [è] molto perfetta: benché ne sia principal cagione il non essere sottoposta a’ Venti, ne vicina a paludi, et acque morte: e non così calda come Trevigi”.

In questa colta città d’acque, così lontana dall’immaginario contemporaneo, ha dunque inizio il nostro viaggio alla scoperta dei Cavalli e dei segreti del loro palazzo.