Nulla di certo si può dire sull'autore dell'opera, che non ha lasciato una firma e non è ricordato nei documenti di pagamento conservatisi. La lettura dello stile permette di legare la sua formazione alla cultura artistica tardomanierista in voga tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, come testimoniato dall'idea, comune per l'epoca, di riquadrare le scene con una cornice illusionisticamente dipinta che finge rilievi e modanature in stucco. Un aspetto, questo, che si riallaccia alla coeva tradizione pittorica padovana d'ambito sia religioso che laico e espressa al più alto grado nella decorazione dei palazzi privati delle più importanti famiglie cittadine, come i confronti qui proposti lasciano intendere.
L'autore dell'affresco di Santa Caterina fu quindi un pittore capace di cogliere le novità artistiche del suo tempo, che però ripropose con un linguaggio semplice e poco elaborato, da seguace piuttosto che da innovatore.
Pur con queste considerazioni, l'osservazione ravvicinata del dipinto nel corso del restauro ha consentito di rilevare alcune discrepanze nella sua realizzazione: a particolari resi in maniera più veloce e sommaria, si affiancano dettagli più accurati e fedeli nella riproposizione della realtà, dell'anatomia del corpo umano, delle pieghe delle vesti e del gioco di luci e ombre.
È quindi probabile che fossero contemporaneamente all'opera due maestri, che si suddivisero il lavoro seguendo un'organizzazione abituale all'interno delle botteghe pittoriche del periodo.