La Ca' di Dio (o Domus Dei) era uno dei diciotto ospedali sorti a Padova nel corso del Medioevo. La sua fondazione, dovuta all'azione della confraternita laica di Santa Maria dei Battuti, avvenne tra il 1263 e il 1265, in una zona collocata all'incirca a metà strada tra le chiese di Santa Caterina e San Biagio, corrispondente all'odierno civico 46 di via Santa Sofia. L'edificio era costituito dagli ambienti dell'ospedale vero e proprio (suddivisi in un reparto maschile e uno femminile), da una chiesa e da un ampio orto che si estendeva verso l'interno dell'area fabbricata. Rispetto agli altri ospedali padovani, situati nelle vicinanze delle porte di accesso alla città, la Ca' di Dio si trovava all'interno del circuito cittadino, in una posizione che doveva garantirle una funzione predominante nella rete ospedaliera urbana, come attesta anche il fatto che l'istituto fu il primo ad essere menzionato negli statuti comunali del 1275.
Come gli altri ospedali medievali, all'inizio la Ca' di Dio offriva assistenza a diverse categorie della popolazione: poveri, malati, pellegrini, vedove e orfani; solo nel corso del Quattrocento (tra il 1430 e il 1460), l'ente si specializzò nella cura dei bambini abbandonati, un orientamento che lo contraddistinse per i secoli successivi.
La sede dell'istituto rimase in via Santa Sofia fino al 1784, quando venne trasferita dapprima nei pressi del monastero di San Giovanni da Verdara e, nel 1847, con il nuovo nome di Istituto degli Esposti, in via Ognissanti: qui, è visibile ancora oggi la ruota degli esposti, dove i genitori potevano depositare i neonati senza essere visti.
I bambini erano di solito accompagnati da dei foglietti che ne indicavano il nome o se fossero stati battezzati; spesso portavano con sé anche degli oggetti o altri segni distintivi, come immagini cartacee tagliate a metà, che avrebbero permesso l'eventuale successivo riconoscimento da parte dei genitori. Nell'Archivio di Stato di Padova si conservano ancora numerosi di questi "segnali", di cui qui si ripropone qualche esemplare.
Per approfondire: Bianchi 2005; Bianchi 2007, pp. 25-29.