La “fava del Calabar” (Physostygma venenosum Balf.) è una liana con fiori rosa o porpora appartenente alla famiglia delle Fabacee. Originaria dell’Africa centrale e occidentale, è diffusa lungo le rive del fiume Calabar, nel golfo di Guinea, da cui deriva il nome popolare della specie. La droga è costituita dai semi, duri e con rivestimento rugoso, che contengono alcuni alcaloidi tra cui il principale è l’eserina o fisostigmina. Viene usata soprattutto per il trattamento del glaucoma (generalmente somministrata come collirio) e come antidoto all'avvelenamento da atropina (1).
In Africa la fava del Calabar veniva utilizzata nelle ordalie, cioè in quei processi in cui l’accusato veniva sottoposto a prove rischiose il cui esito ne determinava l’innocenza o la colpevolezza come diretta manifestazione del volere divino. In particolare, in seguito a gravi reati quali omicidio o stupro, l'accusato veniva obbligato ad ingoiare alcune fave cui ben presto facevano seguito i primi sintomi di avvelenamento; se vomitava, liberandosi così dall'intossicazione e sopravvivendo, veniva dichiarato innocente. La specie, inviata in Europa dai missionari, venne descritta per la prima volta dal botanico e chirurgo britannico William Freeman Daniell (1818-1865) (6).