Le farmacopee: l'Antidotarium Bononiense

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Le farmacopee, cioè gli antidotari ufficiali approvati dalle autorità, fioriscono dal Cinquencento. La prima è il Ricettario fiorentino del 1498: Receptario composto dal famosissimo chollegio degli esimi doctori della arte et medicina della inclita ciptà di Firenze (copia digitale). Seguirono Barcellona (1535), Saragozza e Norimberga (1546), Anversa (1560), Colonia (1565). In Italia, a quella fiorentina seguirono le farmacopee di Mantova (1559), Bologna (1574), Bergamo (1580), Roma (1583), Ferrara (1595) (Conci pp. 215-216).

 

La Biblioteca di Scienze del Farmaco dell'Università di Padova conserva l'edizione del 1750 dell'Antidotarium Bononiense (copia digitale). L'opera è divisa in due parti: medicamenti galenici e chimici. Nella prima si trovano le ricette della tradizione, di Mesue, Rhazes, Avicenna, Niccolò da Salerno, Pietro d'Abano, fino ai più recenti Acquapendente o Lemery. I preparati sono quelli classici galenici, esposti secondo l'ordine secolare che dura dal Grabadin: elettuari, pillole (anche nelle varianti di trocisci, morsuli e tabelle), polveri, conserve, lohoc, rob e sciroppi, melliti, vini. aceti, emulsioni, acque, colliri, olii, empiastri e cerati. Nella seconda parte, i medicamenti chimici sono tinture, estratti, acque distillate, spiriti, olii essenziali, sali, con tutto un capitolo dedicato ai metalli, secondo l'impostazione della iatrochimica che risale a Paracelso, e che riporta ancora nel 1750 la corrispondenza dei metalli ai pianeti.
Apre l'opera la Teriaca di Andromaco.
L'intento normativo dell'Antidotario traspare dalla stringatezza dell'esposizione: ogni ricetta riporta in modo schematico ingredienti, tecnica di preparazione e indicazione terapeutica. Basta confrontare, ad esempio, l'esposizione della Confectio anacardina Mesuae e dell'oleum scorpionum con la ricetta del Grabadin. La tecnica di preparazione è indicata solo col termine che la identifica, senza spiegazioni, perchè il testo non è didattico, ma normativo, e affida l'operazione alla competenza del professionista che operi a regola d'arte: "fiat secundum artem", "ex lege artis". Alcune tecniche sono esposte in appendice, solo a garanzia della correttezza della procedura (come per lo zucchero chiarificato o il miele despumato) e della conservazione del preparato (come per semi, radici, fiori), o per la complessità e rarità d'applicazione (come per millepiedi, coralli, madreperle, fino agli occhi di granchio).
Segue l'elenco delle sostituzioni, per gli ingredienti rari, o tramandati dalla tradizione, ma di identificazione incerta, "nostris temporibus vel dubia ac obscura" (p. 460). Ogni abuso sarà punito: solo queste sostituzioni "concedi potest" (ivi). Un altro elenco enumera le droghe che possono essere citate collettivamente nelle ricette, ad esempio i "quatuor semina calida majora" sono anice, carvi, cumino, finocchio (p. 463).
In chiusura il testo normativo riporta due tavole tecniche, l'equivalenza delle misure e l'indicazione delle dosi massime delle droghe pericolose, come Croco, Elleboro, Mercurio o Oppio (si veda la sezione della mostra su Dosi e misure). Chiude l'opera l'elenco dei medicinali da tenere sempre in farmacia, Catalogus medicinalium compositorum ac simplicium quae ex praescripto illustrissimo Collegii medicinae In omnibus Pharmacopoliis Civitatis & Comitatus Bononiae perpetuo exstare debent. Vanno rispettati i tempi massimi di conservazione, indicati per ogni tipo di preparato, ad esempio otto anni per gli elettuari oppiacei, ma solo uno per gli sciroppi. Per alcuni medicinali, è prevista l'ispezione del Protomedico, l'ufficiale sanitario dell'epoca  (si veda la sezione sulla professione del farmacista). In coda l'elenco dei semplici citati nell'Antidotario.