Dosi e misure
print this pageNel lavoro del farmacista è cruciale stabilire le dosi: la dose degli ingredienti di un preparato e la dose di medicinale da somministrare al paziente. Nei ricettari farmaceutici antichi sono indicate entrambe, ma per la dose di somministrazione l'autorità del medico si fa progressivamente esclusiva, mano a mano che vengono mutuamente definiti i profili professionali del medico e del farmacista, per evitare la sovrapposizione delle competenze. Un esempio nell'Antidotarium Bononiense del 1750: in chiusura riporta un promemoria delle dosi massime per i medicinali pericolosi e il Collegio dei medici che emana il testo normativo esorta il Farmacista, "monitus volumus Pharmacopoeos", a non eccedere quanto indicato nella ricetta senza il parere del medico che l'ha compilata, "Medici auctoris consilium" (p. 467).
Per definire la dose di somministrazione, si può far riferimento a quella sorta di medievale manuale a quiz per i concorsi da farmacista che è il Compendium aromatariorum di Saladino d'Ascoli. Nella Tertia particula, l'esaminando viene interrogato su cosa sia una dose e risponde tecnicamente che la dose è la quantità minima sufficiente ed efficace di medicinale: "Dosis est limitata mensura, vel quantitatis simplicis, vel compositae medicinae, quae de se apta nata est facere sufficientem operationem, et non diminutam, neque superfluam" (pt. 2, c. 256r).
Come stabilire le dosi?
La Biblioteca di Scienze del Farmaco dell'Università di Padova conserva un'antologia di piccoli trattati sulle dosi dei medicinali, dal taglio pratico e d'uso, pubblicata a Padova nel 1556. Nelle opere raccolte, le malattie sono considerate per lunga tradizione degli scompensi degli umori che regolano il corpo, cioè sangue, flemma, bile e atrabile, e delle qualità correlate, cioè caldo, freddo, secco e umido.
L'antologia si apre con il Dosandi methodus di Matteo Corti (1475-1542 ca). Professore a Padova dal 1524, come commentatore dell'Anatomia di Mondino de' Liuzzi, poi diventa archiatra papale, infine di Cosimo de Medici. L'opera è dedicata agli apprendisti ("ad tyrunculos"). Descrive le dosi per la preparazione degli sciroppi, soffermandosi sulla quantità d'acqua da mescolare, e delle medicine solutive, cioè purganti l'eccesso degli umori. Confronta sempre le autorità e la pratica.
Un approfondimento del tema si trova nel trattato seguente di Benedetto Vittori (1481-1561), docente degli atenei patavino e bolognese di logica e filosofia, teologia e medicina. Per le dosi, l'autore non definisce quantitativi fissi, ma si appella alla pratica e alla prudenza nella prescrizione e preparazione dei medicinali. Si distinguono medicine solutive, digerenti (sciroppi) e di applicazione locale (unguenti ed empiastri). Nella dose delle medicine solutive va posta cautela in base all'età del paziente. Per gestire la densità, vanno dosate attentamente la quantità di zucchero o miele per gli sciroppi, di cera per gli unguenti e di olio per gli empiastri. Inoltre, se le scompenso della malattia è dato anche dalle qualità (caldo, freddo, secco o umido), la medicina agirà da compensazione con gli ingredienti di qualità contraria, ma anche qui vale l'appello alla prudenza.
L'importanza della competenza e del giudizio del medico nel definire le dosi è sottolineata anche da Guillaume Rondolet (1507-1566), anatomista a Montpellier, che nel 1565 compone un trattato generale di farmacia Dispensatorium seu pharmacopolarum officina (copia digitale). Il De materia medicinali & compositione medicamentorum è un manualetto d'uso, come dichiarato nel titolo ("brevis methodus"). Si apre con la descrizione dell'atteggiamento del medico nella visita al paziente per favorire una diagnosi accurata. Centrale nella malattia lo scompenso degli umori. Per equilibrarli se ne favorisce l'espulsione facendo ampio ricorso a clisteri, sanguisughe, salassi, vomitivi e purganti. Rondolet offre l'elenco delle erbe indicate per le diverse affezioni ed esempi di ricette, indicando le dosi, la tecnica di preparazione e la somministrazione.
Bartolomeo da Montagnana (1380-1452 ca) dal 1422 è docente di medicina pratica a Padova, ed è noto per i suoi Consilia rivolti alla più nobile e illustre clientela non solo delle provincie venete, ma anche della Curia romana e dell’aristocrazia tedesca, curata dagli allievi rientrati in patria dopo gli studi a Padova. L'autore è noto anche per il suo trattato sulle terme euganee. Il trattato De compositione et dosi medicamentorum "riprende vistosamente nella sua seconda parte – talora anche letteralmente – il brevissimo Tractatus de dosi medicinae... di Mondino de’ Liuzzi" (voce del Dizionario biografico degli italiani, vol. 75, 2011). Qui la dose è calibrata sul grado della qualità dei semplici utilizzati: ogni pianta medicinale ha una qualità propria (caldo, freddo, secco o umido) di grado più o meno elevato. Ad esempio, la camomilla è calda e secca in primo grado (il più alto), per cui è molto efficace e richiede una dose minima. Inoltre, la dose sarà maggiore quanto più ampia è la parte del corpo da curare: ad esempio, l'agarico cura la flemma e sarà in dose minima se deve agire solo sullo stomaco, massima per tutto il corpo. Segue un elenco dei semplici e delle dosi indicate per le preparazioni.
La teoria dei gradi risale al De medicinarum compositarum gradibus di Alchindi (Abū Yūsuf Yaʿqūb ibn Isḥāq al-Kindī 801-873) (Hasse p. 337), che la Biblioteca di Scienze del Farmaco dell'Università di Padova conserva nell'antologia veneziana del 1623. Il filosofo arabo espone in tabelle la combinazione dei semplici in composti in base al grado della loro qualità.
Le ricette antiche pongono almeno due questioni cruciali di interpretazione: la corrispondenza del nome antico degli ingredienti con quello in uso e l'equivalenza dei pesi, impresa complessa in assenza di convenzioni. "Anno quasi tutte le Città principali li loro pesi, e misure" ricorda a fine Seicento Donzelli (p. 15).
Ci soccorre sempre Saladino d'Ascoli. Nella Tertia particula dedicata alle dosi sono riportate le unità di misura di peso antiche: le principali in ordine di grandezza sono lo scrupolo, la dramma, l'oncia e la libbra. Il riferimento per calcolare lo scrupolo è il grano di frumento. Si può immaginare la grande varietà che deriva da questa scelta, a seconda della dimensione e del peso del grano scelto. Saladino raccomanda al farmacista, nel dubbio, di scegliere il grano mediocre, e di crearsi per l'uso un equivalente di metallo, piombo, stagno o altro: "Nota etiam, quod grana tritici sunt secundum diversas provincias maiora, vel minora, seu crassa, vel minuta. Medici autem, et aromatarii pro faciendis ponderibus debent eligere mediocra, et ex illis facere pondera de plumbo, aut de stanno, vel alio metallo" (pt. 2, c. 256r). Per aumentare la confusione, il grano usato come unità di base può essere di frumento o d'orzo: Saladino suggerisce di considerare il frumento quando non sia scritto diversamente. Inoltre, le equivalenze variano a secondo del luogo: se lo scrupolo corrisponde sempre a 20 grani e la dramma a 3 scrupoli, l'oncia corrisponde a 9 dramme per la Scuola salernitana, a 8 per i "Paduani Doctores" e a 10 per i "Neapolitani" (ivi). Oltre alle cinque principali, Saladino ricorda moltre altre unità: l'Exagium o Solidum, cioè una dramma e mezza, il Sextarium o Cotyla, due libbre e mezza, l'Obolus, mezzo scrupolo, il Kist, una libbra e mezza, l'Hemina, una libbra e tre oncie, e così via. Misure del tutto arbitrarie sono il Manipulus, manciata, definito come quanto sta in una mano "quantum potest manu capi" (pt. 2, c. 256v) e il Puglillus, pizzico, quanto sta in un pugno chiuso, "quantum potest cum pugillo stricto capi" (ivi). A chiusura del capitolo, Saladino propone una poesia, come pratica mnemotecnica per l'aspirante speziale che debba orientarsi nel caos dei pesi antichi.
Le nomenclature usate per i pesi erano le più varie. Nella stessa antologia veneziana del 1623 che pubblica il testo di Saladino d'Ascoli si trova un trattatello Apulei De ponderibus, et mensuris, et signis cuiuscunque ponderis, in cui le misure di peso in ordine crescente di grandezza hanno nomi completamente diversi o, se omonimi, non corrispondenti: Calculus, Siliqua (4 calcoli), Obolus (3 silique), Dramma o Chema o Olca o Denarius, Solidus, ecc. Donzelli nel 1667 elenca una cinquantina di termini e per la stessa libbra distingue la Mercantile di Constantinopoli, la Milanese, la Parigina, quella di Lione, quella di Spagna e quella Degli Orefici. L'autore ricorda alcune unità di misura specifiche per la farmacia, come la goccia: "la sua quantità eccovela elegantemente difinita da un Moderno Letterato.... cioè quanto una calda lacrima da gl'occhi tramandata" (p. 15). Per la stessa libbra, un ventennio dopo Passera aggiunge alle varianti elencate da Donzelli quella Bergamasca, Bresciana, di Venezia e dei Genovesi. Continua l'autore: "secondo i paesi si ritrova molta varietà. Mà nella Medicina deve essere un'istessa, così ne' pesi, come nelle misure stabile, permanente, et universale, imperciochè essendo l'incontrario si verrebbe a commettere molti, et inumerabili errori" (col. 83-85). Passera apre anche la questione delle misure dei liquidi e confronta "l'Oglio", il vino e il miele riportando l'equivalenza in libbre.
Un'opera del 1617 tenta di arginare la confusione dettata dalla varietà delle misure di peso: è la Disputatio de officinae pharmaceuticae veris, & legitimis antiquorum ponderibus di Alberto Quattrocchi, medico veneziano. L'autore sottolinea che è indispensale affrontare la questione se si desidera correttamente, "modo recte" (p. 5), comporre, somministrare e applicare, "componi, exhiberi, & applicari" (ivi), i medicamenti antichi di Galeno, Eginea, Avicenna o Mesue. Se definire correttamente le quantità è importante nel mondo civile, per evitare le frodi nel commercio, e per il matematico, tanto più lo sarà per il medico, perchè possa preparare correttamente i farmaci, con cui arrecare il massimo beneficio possibile alla salute degli uomini, "ita Medici fini esse debet, rectè medicamenta parare, ijsque ad sanitatem hominis, maximo, quo fieri potest, beneficio uti" (p. 7). Non vanno denifite solo le misure, ma anche gli strumenti di misurazione, per cui Quattrocchi raccomanda l'acquisto di bilance di precisione.
Nell'opera, le misure sono ridotte a quelle comuni: libbra, oncia, dramma, scrupolo, obolo, siliqua e grano. Sono confrontate le equivalenze in uso in 24 autori di antidotari, a partire da Niccolò Preposito e Saladino, fino agli antidotari di Roma, Firenze, Norimberga, i recenti Wecker e Sylvius cioè Jacques Dubois (1478-1555), o l'autorità antica di Egineta. Quattrocchi fa rientrare anche altri autori nelle 24 casistiche. L'opera offre uno strumento ingegnoso per il confronto: una ruota gnomonica che si può girare per far comparire nella finestra del regolo le equivalenze delle misure di peso usate dall'autore scelto tra i 24 riportati a raggiera nel cerchio sottostante. Nell'esempio di Saladino già citato, girando la ruota si vede che lo scrupolo corrisponde a 20 grani e la Drachma a 3 scrupoli. Le differenze non sono solo tra gli autori, ma anche tra le città, e così il Quattrocchi propone anche uno schema di corrispondenze tra le libbre di una quarantina di città, da Padova a Ravenna, da Roma a Udine, da Bergamo alla Sicilia, comprendendo località estere come Marsiglia o Barcellona. Per concludere, propone una tavola standard di equivalenze (p. 21). Un'altra tavola riporta le equivalenze tra mondo romano, arabo e greco.
Quattrocchi illustra anche un esperimento di misura che ha tenuto alla Zecca di Venezia, alla presenza del Colllegio dei Medici e di due Aromatarij, per verificare la corrispondenza dei grani di frumento con l'oncia argentaria veneziana depositata lì. Quattrocchi non manca di entrare nella questione del ruolo di medico e farmacista nel definire le dosi: al primo spetta definirle, tanto nella composizione degli ingredienti dei medicinali, "essentiam, et quidditatem materiae medicae compositum ingredientis" (p. 51), quanto nella dose efficace di somministrazione, "speculatio, quae dosim medicamenti exhibendi determinat, in sola Medici peritia consistit" (ivi); alla perizia del farmacista spetta rispettare queste indicazioni: "in arte compositionis à praeceptis medicis Pharmacopaei diligentiae, curae, et fidei commissa est" (ivi).