La materia medica delle scuole araba e salernitana

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Offre un esempio del contesto rinascimentale di revisione critica del sapere antico un libro conservato dalla Biblioteca di Scienze del Farmaco dell'Università di Padova: è un'antologia di tutti gli scritti più importanti di materia medica della scuola araba e di quella salernitana, edita a Venezia dai Giunti nel 1623, come revisione di una raccolta di grande fortuna che data alla metà del '200 (copia digitale). La forma dell'antologia dichiara da sè l'intento di mettere a confronto i saperi antichi con spirito critico.
Sono raccolte opere di farmacia che riguardano sia gli ingredienti (i semplici o droghe), sia le ricette, tra cui il Grabadin e l'Antidotarium Nicolai, sia le tecniche, tra cui il Liber servitoris Albucasis e il Compendium aromatariorum di Saladino Ferro d'Ascoli.

 

Apre l'antologia l'Opera di Mesue, libro primo il Canone universale e libro secondo il De simplicibus: in realtà si tratta di un componimento di controversa attribuzione ad uno pseudo-Mesue (m. 1015), che riproduce la tarda tradizione araba, con riferimento soprattutto al Canone di Avicenna. Nel De simplicibus ogni specie botanica è riprodotta con un'illustrazione e di essa sono descritte raccolta e selezione delle parti (electio), qualità (complexio: tradizionalmente calda o fredda, secca o umida), preparazione (rectificatio, la distillazione di cui erano maestri gli arabi), effetto (posse) e dosi, sempre mettendo a confronto l'antiqua versio che apre la scheda con i commenti di medici successivi come Cristoforo degli Onesti (1320-1392 ca), Giovanni Manardo (1462-1536), Jacques Dubois (1478-1555) latinizzato in Sylvius, Giovanni Costeo (1528-1603). In particolare nel commento di Sylvius sono aggiornati alle conoscenze del tempo non solo la terminologia ma anche i contenuti medici (Hasse p. 129). Oltre ai semplici, si confrontano le versioni diverse anche delle ricette.

L'identificazione e la selezione dei semplici, in particolare dei vegetali, è questione delicata per il farmacista: un errore può alterare completamente il medicamento e il suo effetto. Ne danno testimonianza due trattatelli pubblicati nell'antologia veneziana.
Nel
Tractatus quid pro quo sono elencati ingredienti alternativi per le ricette, una sorta di tavola delle equivalenze dei succedanei. Ad esempio, "Pro cichorea scariola", “Pro agarico, epithymum”, “Pro absinthio, abrotanum, vel origanum”, “Pro hyperico, semen anethi”, talvolta con le dosi “Pro pipere nigro, pipere album in duplo”. Interessante per gli ingredienti difficilmente reperibili, ad esempio “Pro pistachiis, nuclei pinearum”, “Pro cornu cervino, caprinum”, “Pro adipe ursino, vel lupino, vulpinus”, "Pro salamandra, viridis lacerta", “Pro crocodilli adipe, adeps canis marini”. A volte la sostituzione proposta apre al sospetto di economie da buona massaia come per il seme di pesca suggerito al posto delle mandorle, “Pro amygdalis amaris, absinthium, vel nuclei persicorum”.
Segue un elenco di sinonimi, che si apre con “Artemisia, id est matricaria” e ne elenca molti nello stesso stile, come “Iris illirica, i. lilium silvaticum”. Ma lo sforzo d'ordine non argina la complessità e l'incertezza: ci si chiede come non confondere “Hypericon, idest cauda caballina” (l'equiseto), "Hypericon herba sancti Ioannis, herba perforata, scopia regia, triscalamus, idem est, semine, et foliis utimur" (iperico o erba di San Giovanni) e "Hipericus, idest, salastium, vel herba sanctae Mariae" (iperico o menta?). La nomenclatura non è ancora stata formalizzata con lo sforzo illuminista di Linneo e l'incertezza nella determinazione della specie indicata nella ricetta può avere conseguenze fatali. Per questo, oltre al sinonimo, talvolta l'elenco offre anche qualcuno degli elementi di determinazione, ad es. "Cacaparia simil est canapis foliis", "Capillus veneris similis est polutrico, nisi quia facit ramusculos in stipite", la Crassula minor "similis est ei [alla marior] sed multo minor".

Summa delle conoscenze farmacologiche della Scuola salernitana è l'Opus pandectarum di Matteo Silvatico (1285-1342?), composta nel 1317 e dedicata al re di Napoli Roberto d'Angiò, come dichiarato nell'incipit, e conservato dalla Biblioteca di Scienze del Farmaco dell'Università di Padova in un'edizione del 1512. E' un dizionario di semplici, principalmente vegetali. Di ognuno vengono esposti i sinonimi in arabo, greco e latino. Prevale la voce araba ed è alto il numero di piante esotiche, a ricordare l'influsso arabo sulla Scuola salernitana. Per l'identificazione dei semplici vegetali è esposta la morfologia delle parti della pianta, in particolare delle radici: sarà acquisita con Linneo la scelta del fiore come elemento discriminante per la determinazione della specie. Seguono gli effetti e l'indicazione terapeutica (posse), con la spiegazione di tecnica di preparazione, composizione e posologia. Sono sempre riportate le citazioni delle autorità precedenti: Ippocrate, Plinio, Galeno, Dioscoride, Mesue, Avicenna, Rhazes, Serapione, Bulcasim (il Liber servitoris di Albucasis). Alcuni semplici sono solo elencati con il sinonimo, senza altra spiegazione, dal libro dei sinonimi di Simone Cordo (Simon Januensis). Sono elencati alcuni semplici animali, come la mummia, la sanguisuga, il topo, di cui si consigliano sangue e sterco, i testicoli degli animali o il vermis grane o vermis tinctorum (la cocciniglia). Tra i pochi semplici minerali, varie voci di Lapis, tra cui il Lapis Ametistus, che agisce da potente psicofarmaco "contra ebrietatem, facit hominem vigilem, malas reprimit cogitationes, et bonum in scibilibus confert intellectum" (c. 139v). Nella pagina riprodotta, si noti la glossa manoscritta.