Sculture di scheletri: il Thesaurus anatomicus di Frederik Ruysch

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Comporre gli scheletri e dar loro una posa era un'abitudine sia della tradizione iconografica anatomica, sia dei musei.

Un esempio nella tradizione iconografica si trova nell'Anatomia corporis humani iuxta circulationem sanguinis del 1696 di Pierre Dionis (1673-1718) (copia digitale), in una tavola con due scheletri visti da dietro, in cui l'adulto volge il capo quasi a invitare il bambino a seguirlo. Dionis fu medico della corte del Re Sole, famoso per essere stato chiamato sul suo letto di morte: si pronunciò per l'amputazione della gamba in cancrena per la gotta, ma era troppo tardi. Dionis fu chiamato dal re come docente al Jardin du Roi, proprio sull'anatomia della circolazione sanguigna, recentemente scoperta da Harvey e contestata a Parigi.

Un esempio di composizione degli scheletri in una collezione museale si trova nel Thesaurus anatomicus di Frederik Ruysch (1638-1731) (copia digitale). Il medico olandese perfezionò una tecnica di conservazione dei reperti con l'immissione nei vasi sanguigni di masse solidificabili, contribuendo, così, anche alla dimostrazione dell'ubiquità del sistema vascolare. Il liquor balsamicus era composto da sangue di maiale rappreso, blu di Prussia e ossido mercurico. Grazie alla sua tecnica unica di imbalsamazione creò una notevole collezione anatomica, famosa al punto da essere visitata e poi acquistata da Pietro il Grande e da offrire lo spunto a una delle Operette morali di Leopardi.
La caratteristica della collezione era la composizione dei reperti anatomici, alla quale collaborò la figlia di Ruysch, pittrice di nature morte, tanto celebre da diventare pittrice ufficiale di corte dell'elettore palatino di Baviera: con occhio artistico, la Ruysch preparò le pose dei reperti e li decorò con fiori e pizzi.
La collezione è riprodotta nelle incisioni di Cornelius Huyberts del Thesaurus anatomicus.

Nella prima tavola, tre scheletri in posa luttuosa circondano una montagna di... calcoli renali. La montagna è decorata di alberi spogli costruiti con rami arteriosi imbalsamati. Gli scheletri sono di feti di 4 mesi e compongono un macabro monito sulla precarietà dell'esistenza.
Lo scheletro sulla destra si asciuga le lacrime con un fazzoletto, ricavato da una "membranula" di arterie finissime, e sembra piangere sul destino umano, come recita la didascalia che decorava l'originale: "Homo natus de muliere, brevi vivens tempore, repletus multis miseriis" (l'uomo nato dalla donna, dalla vita breve, pieno di molte miserie).
Lo scheletro a sinistra regge una falce e la didascalia recita, come se a parlare fosse la morte: "Nec parcit imbellis juventae poplitibus" (e non risparmia le ginocchia dei giovani imbelli).
Lo scheletro posto sulla cima della montagna volge lo sguardo in alto, nella destra tiene una collana di perle e recita: "Cur ea diligere velim, quae sunt in mundo?" (perché vorrei amare ciò che esiste nel mondo?).
Un uccello sormonta la rupe sulla destra: è posto come decorazione o per riprendere l'antica simbologia dell'anima? La composizione aveva dei colori vivissimi, su cui dominava la cera rossa (pt. 1, pp. 8-9).

Nella prima tavola della parte terza, un'altra montagna, con disposti attorno quattro scheletri, a comporre un'altra rappresentazione di vanitas vanitatum, con simboli come l'efemeride nella mano di quello disteso, a significare la brevità della vita "mane esse infans, juvenis meridie, vesperi senio confici & mori" (di mattina si è infanti, di pomeriggio giovani, di sera da vecchi ci si consuma e si muore). Significative le didascalie che decoravano l'originale: "Quid sumus, aut quidnam nostri post funera restat? Adspice: nil aliud, nuda nisi ossa, vides calculus, et vastus lapidum, quem cernis, acervus, quam sit vita hominum plena dolore, docet. Exhibet hoc tabulis, hoc verbis explicat, urbis Ruischius Amstellae laus, medicumque decus" (Che cosa siamo o che cosa mai resta di noi dopo la morte? Osserva: non vedi niente altro, se non le sole ossa, i calcoli e l'enorme mucchio di pietre che scorgi mostra quanto la vita umana sia piena di dolore. Ruysch, lode e ornamento della medicina della città di Amsterdam, mostra con le tavole e spiega con le parole tutto questo) (pt. 3, c. A3r).