Patavina Lumina

È una composizione ispirata all'esaltazione dell'antico Ateneo e ad esso consacrata. Il testo, apprestato da Carlo Anti e Erminio Troilo con brevi motti latini e con le strofe di una canzone goliardica, rievoca in sette momenti, Tito Livio, la fondazione dello Studio (1222), la scuola filosofica padovana, Galileo Galilei, Giambattista Morgagni, la goliardia guerriera, la perennità dell'Università padovana come focolare di liberi studi.

Scritta nel 1942 (la data finale è 3 settembre 1942) la partitura è dedicata a Carlo Anti.

 

Patavina Lumina, "Viva Malipiero", FC

 

La composizione prevede un organico di coro (tenori, bassi) e 19 strumenti.

La sua esecuzione, in un primo momento prevista per l'autunno del 1942, ha luogo nella Sala dei Giganti l'11 maggio 1943 alle ore 17.30, nell'ambito dei concerti organizzati dall'Università assieme all'Istituto Musicale Cesare Pollini - Società di concerti Bartolomeo Cristofori. Dirige Nino Sanzogno, maestro del coro è Sante Zanon.

Al momento della pubblicazione (1951) da parte dell'editore milanese Suvini Zerboni, Malipiero all'ultimo dà al brano un titolo diverso, quello di Universa Universis, cambiando nel testo le parole "patavina libertas" con "veritatis favilla".

In una lettera del novembre 1950 all'editore, il maestro scrive che il titolo iniziale

"fu per una occasione che desidererei non si ripetesse più, comunque non c'è niente di male, desidero solo evitare confusioni."

Nel catalogo del 1952 l'autore annota:

"È stata scritta per una manifestazione goliardica dell'Università di Padova"

Un'interessante recensione di Patavina Lumina viene edita ne "Il Veneto" del 12 maggio 1943: 

Questo primo concerto sinfonico sui tre in programma per il presente scorcio di primavera, organizzati dalla R. Università con il concorso del "Pollini" e della "B. Cristofori" era dominato, nei riflessi del pubblico presente ieri nella Sala dei Giganti, fra cui l'Ecc. il Ministro dell'Educazione Nazionale e le autorità cittardine, dalla legittima aspettativa per la Cantata "Patavina Lumina", composta da Gian Francesco Malipiero a celebrazione dei fasti remoti e recenti dell'Ateneo padovano. Aspettativa che non poteva andare delusa: garanti il nome e l'autorità artistica dell'Autore. Impostata sullo stile e sul gusto del concettoso modernismo musicale proprio del comporre dell'insigne scrittore veneziano, ma permeata di risonanze classiche che, vincolate al nostro passato musicale più fecondo, si adeguano alle esigenze ideali del suo tema aulico, questa originale e nobile composizione percorre spedita (poco più di dieci minuti di musica) con largo respiro, con nitido e serrato linguaggio, la via tracciatale dai sette "momenti" proposti dallo schema del testo latino dettato da Carlo Anti ed Erminio Troilo. 

E ognuno di questi momenti, conclusi tutt'insieme in un'unica salda ed euritmica architettura sonora, trova nelle disposizioni, nei movimenti delle voci dominanti del coro, nelle sottolineature orchestrali, fornite da un complesso cameristico di pochi strumenti, nel gioco vario delle armonie e dei contrappunti, le figurazioni e i coloriti meglio confacenti alla significazione dei concetti espressi dal testo, mantenendosi con composta dignità di atteggiamenti, all'alta quota voluta dal generoso assunto.

I successivi trasferimenti dall'uno all'altro clima segnati dai singoli motivi umani ed astratti (la virtus civile e militare, l'origine goliardica dell'Ateneo, lo spirito della speculazione filosofica e via dicendo) raggiungono la loro logica conclusione ultima - "Esto perpetua" - in un progressivo ascendere delle voci del coro e di quelle strumentali, condotte ai più alti fastigi sonori. Rimanendo, così sigillata in un impetuoso incelarsi dell'anima in un'opera severamente concepita e severamente realizzata. Il cui valore, pur superando la pura essenzialità musicale per trasportarsi nel campo nelle creazioni occasionali, si mantiene in una luce di evidente elevazione artistica.

Così l'Ateneo padovano ha anch'esso il suo "Carmen Saeculare". Se questo possa, poi, come quello d'Orazio, considerarsi "sub specie aeternitatis", se la vedranno i posteri.

Conviene aggiungere che Nino Sanzogno - la cui maturità artistica nel campo orchestrale va progressivamente consolidandosi - ha saputo offrirci della Cantata un'esecuzione esemplare dove il coro, plasmato d'un ottimo e compatto materiale vocale, si è mantenuto al livello delle esigenze specifiche dell'opera malipieriana. Che il pubblico ha seguito con evidente interesse,acclamando ripetutamente dopo le sue due esecuzioni successive l'insigne autore, presente nella sala, e i suoi due interpreti, maestri Sanzogno e Sante Zanon, quest'ultimo istruttore del                    coro veneziano.

 Un nuovo apporto di chiara sensibilità d'interprete e di accorgimenti e richiami tecnici effettuava ancora il Sanzogno - pur valendosi d'una orchestra non stabilmente organizzata - conseguendo notevoli effetti timbrici ed espressivi nei numeri che precedettero e seguirono la "Patavina Lumina" un  luminoso "Concerto grosso" di Marcello, una "Serenata" di Dvorak prodiga di un vario e denso folclorismo musicale, e la caratteristica "Sinfonia" di Haydn, con il curioso giochetto mimico che la conclude. E furono nuovi e fervidi battimani. 

E.M.