Il teatro anatomico e lo spettacolo del corpo

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Il gusto estetico dominava la rappresentazione scientifica anatomica fin dalla sua nascita nel secolo d'oro del Cinquecento, come nei capolovari delle opere di Vesalio.

De humani corporis fabrica libri septem di Andrea Vesalio (1543). Video da Phaidra, a cura di Laura Tallandini e Maurizio Rippa Bonati.



Juan de Valverde (1525–1587) "che pure copia quasi tutto da Vesalio" ne integra "le tavole vascolari nude ... con tavole non solo più compositive, ma anche esteticamente più elaborate" (Olmi p. 39). Ad esempio, per illustrare le ossa, Vesalio e poi Valverde pongono lo scheletro in un atteggiamento pensoso da memento mori amletico, appoggiato ad un teschio su cui sembra riflettere. Oppure, per illustrare i muscoli, Valverde fa rappresentare un uomo scuoiato che regge la sua pelle nella destra e un'arma nella sinistra, a mo' di Ercole moderno (copia digitale). "Benchè sia il cadavere disteso ... che l'anatomista analizza, osserva e insegna, è a un complesso di parti, di funzioni e di azioni che pensa e che assume a guida della propria indagine. Spetta al disegno e all'artista restituire completezza e perfezione, vita, moto e verticalità al corpo anatomizzato" (Olmi p. 271).

Si può vedere un esempio di questa "spettacolarizzazione" anche nei teatri anatomici, illustrati in alcune opere conservate alla Biblioteca di Scienze del Farmaco dei Padova. Gli anfiteatri anatomici erano per natura i luoghi della celebrazione dello sguardo, della scoperta, dell'indagine, e la loro architettura coniugava l'aspetto scientifico e la drammatizzazione della scena: il teatro, appunto.

Nella Cista medica Hafniensis di Thomas Bartholin (1616-1680) del 1662 (copia digitale), il medico svedese, noto per le scoperte sul sistema linfatico, descrive la domus anatomica di Copenhagen, costruita di recente, con le sale per la preparazione dei cadaveri e il teatro, con il tavolo per l'anatomista, i quattro corridoi per gli spettatori e la stanza superiore (conclave superius) con uno spioncino (clauthrus) perchè il re e i nobili ospiti potessero vedere non visti. Sulle pareti dell'anfiteatro, riprodotto dall'illustratore, sono posizionati due scheletri, uno maschile col bastone, l'altro femminile, con in mezzo l'albero della vita: una riproduzione di Adamo ed Eva, macabra ai nostri occhi, ma studiata per ornare il teatro "variis sceletis nitidè constructis Theatrum ornavit" (p. 6). Sulle altre pareti c'erano un cercopiteco, una scimmia, un cigno, un'oca, un riccio, un gallo e una gallina (p. 7). Anche il teatro anatomico fa spettacolo, con tanto di tessera per accedere (p. 35) e pubblicazione dei programmi "Ad Anatomen cadaveris virilis", "Ad anatomen foeminae" e "Ad Anatomen Foetus". Sopra il teatro, un museo di reperti e curiosità.

Spesso il museo dei reperti circondava il tavolo da dissezione, come nella bella antiporta alla traduzione francese del 1766 delle Memoires sur la nature sensible et irritable di Albrecht von Haller (1708-1777) (copia digitale vol. 1, vol. 2, vol. 3 e vol.4).

Nell'antiporta delle Tabulae anatomicae di Johann Adam Kulmus (1689-1745) del 1748, sono i libri, invece, a circondare il tavolo anatomico, posizionato sullo sfondo come in una quinta scenica, su cui apre il sipario una figura allegorica, forse l'anatomia, tradizionalmente coronata dai raggi solari, simbolo dell'osservazione? L'anatomista è una figura femminile e opera su un cadavere di donna. In una nicchia sulla destra, il tradizionale scheletro col bastone.

Una bella rappresentazione dell'anatomia come elogio dello sguardo si trova nell'antiporta dell'opera di Adrian van de Spiegel (1578-1625), De humani corporis fabrica, conservata nell'edizione del 1627 alla Biblioteca di Scienze del Farmaco dell'Università di Padova: l'anatomia è rappresentata al centro nella figura con lo specchio, affiancata dalla diligenza e dall'ingegno, che si indica la fronte e regge i raggi del sole (copia digitale).