L'aspetto attuale della chiesa di Santa Caterina è frutto di un'importante campagna di lavori svoltasi nel corso del Seicento. Già nel secolo precedente le sue condizioni non dovevano essere buone, come apprendiamo dai testi degli scrittori padovani, che ricordano l'impegno del vescovo Federico Corner, nel 1579, nella sistemazione dell'edificio religioso (Zaggia 1999, p. 83). Ma fu in seguito all'insediamento della comunità delle Illuminate nel 1627 che si attuò un restauro radicale della chiesa, da quel momento utilizzata tanto dalle monache che dai fedeli della parrocchia.
Per fare un esempio, venne costruito un secondo campanile, che fosse per il solo uso delle religiose, e venne realizzato uno spazio dietro l'altar maggiore, il cosiddetto "coro", di pertinenza delle monache di clausura, che appunto dovevano rimanere sempre separate dai laici, anche durante le funzioni religiose. Questo spazio oggi non esiste più; nel corso dell'Ottocento fu adibito a cappella del Conservatorio, mentre nel Novecento venne utilizzato come laboratorio di maglieria: oggi è parte della Sala Volumi della biblioteca.
L'intensa risistemazione della chiesa durò per tutta la prima metà del Seicento, a fasi alterne, legate al reperimento di fondi: nel 1658 venne messo in opera il bel portale esterno, mentre alcuni lavori, come la finitura del soffitto e il completamento della facciata, si protrassero fino alla fine del secolo (Zaggia 1999, pp. 94-95).
Al restauro dell'architettura seguì una campagna di rinnovamento scultoreo e pittorico degli interni, con il rifacimento degli altari - che fino a quel momento erano costituiti da strutture lignee (De Vincenti 1999, p. 141) - e dei dipinti che li ornavano (Mancini 1999).
Il dipinto di Bonaccorsi venne commissionato dall'Università dei Giuristi per l'altare laterale sinistro che essi detenevano prima dell'altare maggiore e venne spostato nel sito che attualmente lo ospita solo in un secondo momento, prima del 1780, come ricorda Rossetti (p. 114).
Delle opere di pittura, solo il Matrimonio mistico di santa Caterina sull'altare maggiore, la Madonna col Bambino e san Giuseppe che indica il Padre Eterno sull'altare laterale di destra e la Glorificazione di santa Caterina sul soffitto, si possono ricondurre alla campagna decorativa svoltasi nel Seicento. Alcuni dipinti sono attestati in chiesa nei secoli successivi, o vi pervennero da altri edifici di Padova, andati distrutti nel corso dell'Ottocento.
Tra le opere di scultura un tempo appartenenti all'arredo di Santa Caterina merita menzione il fonte battesimale in marmo rosso di Verona, realizzato nel 1585 per volere di tale Gregorio Francuccio Cortonensi (ossia di Cortona), il cui nome è ricordato a chiare lettere lungo il bordo esterno della vasca. Oggi il fonte è conservato nella chiesa di Santa Sofia, dove è utilizzato come acquasantiera.
Il 22 agosto 1606 in questo fonte fu battezzato il terzogenito di Galileo Galilei, Vincenzo, come ricorda l'atto reperito nell'Archivio Storico Diocesano di Padova: il nome del celebre fisico non compare nel documento (si parla infatti di "padre incerto") perché inizialmente Galileo non lo riconobbe, come già aveva fatto per le due figlie maggiori, Virginia e Livia. Vincenzo ottenne infine la legittimazione nel 1619, a differenza delle sorelle, perché in quanto figlio maschio non avrebbe avuto necessità di una dote procuratagli dal padre. Qui la sua biografia.
Tra i personaggi importanti nella storia e relazionati all'edificio religioso, merita menzione Giuseppe Tartini, celebre compositore e violinista. Il compositore istriano, morto a Padova nel 1770, è sepolto insieme alla moglie in Santa Caterina, come testimonia la lastra tombale posta dirimpetto l'altare maggiore e il busto che in suo onore è stato collocato sul sagrato della chiesa.