Anche in questa sala protagonisti principali dei diversi episodi sono le donne, in alcuni casi ricordate come modelli di valore e virtù, in altri quali figure empie e traditrici, dal cui esempio tenersi alla larga. Rispetto all’ambiente precedente, cambiano però i soggetti, ispirati appunto alle storie bibliche, e l’ambientazione architettonica: le varie scene sono infatti racchiuse entro ricche cornici in stucco, che ritornano anche nei vani delle finestre con un gioco illusionistico su più livelli.
Sulla parete ovest, che comunica con l’atrio, sono raffigurati due episodi altamente deprecabili. Sulla sinistra, la vicenda di Dalila, che, tradendo la fiducia di Sansone, lo fa addormentare e consente ai Filistei di tagliarglii lunghi capelli segreto della sua immensa forza. Sulla destra la storia tratta dal libro della Genesi relativa a Lot e le sue figlie: le due giovani ragazze, uniche sopravvissute insieme a Lot alla distribuzione di Sodoma, si sono rifugiate con il padre in una grotta, dove lo fanno ubriacare e si uniscono a lui in un rapporto incestuoso.
Il racconto prosegue sulla parete settentrionale con il tenero incontro di Giacobbe e Rachele al pozzo: invaghitosi della giovane pastorella fin dal momento in cui la scorge, Giacobbe chiede al padre di averla in sposa, promettendo in cambio di lavorare per lui per ben sette anni. Al termine convenuto il padre di Rachele presenta però nel talamo nuziale la sorella maggiore Lia, “dagli occhi smorti” come ricorda la Bibbia, e propone a Giacobbe di restare al suo servizio altri sette anni pur di avere anche la sua amata. Per amore di Rachele Giacobbe accetta e finalmente, dopo 14 anni, i due possono coronare il loro sogno d’amore.
Sulla stessa parete verso l’angolo, una stretta e alta cornice racchiude l’episodio di Agar e Ismaele, costretti a fuggire nel deserto dopo che Sara li ha fatti cacciare da Abramo, perché infuriata dall’irrispettoso comportamento del figlio della schiava nei confronti del suo Isacco.
Proseguendo, si incontrano Davide e Abigail, che si prostra al cospetto del re implorandolo di risparmiare la vita del marito Nabal: il quale, va detto, morì “insospettabilmente” dieci giorni dopo, così che Davide ne poté sposare la vedova.
Chiude il ciclo il celebre episodio di Mosé salvato dalle acque dalla figlia del faraone, qui in vesti veramente regali.
Sopra a ciascuna porta sono presenti delle ulteriori cornici in stucco, che sfruttano diversi episodi biblici con l’evidente intento di esibire sinuosi corpi femminili in vesti succinte. Sopra la porta della parete ovest di raccordo con l’atrio, ecco Susanna e i Vecchioni: la casta donna, sorpresa al bagno da due anziani che frequentano la casa del marito, è sottoposta a ricatto sessuale, ma sceglie un’ingiusta accusa piuttosto di sottostare ai loro appetiti.
Sulla parete nord la straordinaria bellezza di Betsabea al bagno, che fa invaghire di sé re Davide inducendolo a sbarazzarsi del suo primo marito.
Su quella est l’episodio di Giuseppe e la moglie di Putifarre, con il giovane servo che cerca di divincolarsi dalla donna infatuatasi di lui: notiamo come la donna stringa la veste del giovane schiavo, che le servirà, dopo il suo rifiuto, per accusarlo di fronte al marito di tentata violenza, facendolo così rinchiudere nelle prigioni del Faraone.
La raffinatezza delle ombreggiature, evidente specie nei putti che adornano le finte cornici, e la precisione dei dettagli, notevole anche negli animali della scena di Rachele al pozzo, hanno indotto alcuni studiosi a ritenere che questa sala sia stata realizzata da un diverso artista, facendo avanzare l’ipotesi di attribuzione a Pietro Antonio Torri, già autore degli affreschi nel salone della Gran Guardia. Più di recente, l’opera è stata riassegnata alla mano di Michele Primon, proponendo un suo intervento a più riprese all’interno di Palazzo Cavalli: rispetto alle più acerbe decorazioni dell’atrio o della Sala delle storie romane, l’artista mostra dunque qui di aver raggiunto la piena maturità del suo stile.