Tono Zancanaro

Tono

Fotografia storica di Tono Zancanaro.

Fonte: Galleria Maffei

Artista e illustratore, Tono Zancanaro (1906-1985) segna la sua intera produzione figurativa con uno stampo d’impegno sociale e politico, favorito anche dalle conoscenze e amicizie con personaggi come Eugenio Curiel, Ettore Luccini, Giorgio Rubinato, Francesco Loperfido, Concetto Marchesi, Giuseppe Gaddi e lo stesso Egidio Meneghetti.

Accanto all’impegno politico antifascista, Tono Zancanaro affianca una prolifica attività artistica, che inizia nel 1930 quando si iscrive ai corsi serali dell’Istituto d’Arte “Pietro Selvatico” e comincia il suo tirocinio. Secondo la sua stessa testimonianza, il suo approccio alla pittura avviene per il tramite di Botticelli, di cui apprezza in particolare il “timbro patetico”: “È stato nel vedere i disegni e le pitture di Botticelli che la passione per la pittura mi ha come aggredito, e in un’età non comune: è stato dopo l’incontro con l’arte di Botticelli che l’idea e l’esigenza dell’esprimere i propri pensieri e sentimenti a mezzo dei colori e soprattutto delle linee è diventata via via il bisogno più profondo, il più vero e fondamentale della mia vita.” (L. Urettini, Tono Zancanaro, Il pavano mediterraneo, Padova, 2013).

Nel 1935 Tono conosce Ottone Rosai (1895-1957), pittore che considererà sempre come il proprio unico vero maestro; grazie a lui abbandona la pittura per il disegno: “Nel disegno nelle sue innumerevoli nature e possibilità che via via mi veniva di scoprire ossia di inventare. La verità vera è questa che il nero su bianco combaciava meglio con la mia natura di moralista.” (M. Gaddi, L. Gava, G. Segato, Tono Zancanaro (1906-1985), Le opere della donazione, Padova, 1997).

Nel 1938, in seguito a un viaggio a Parigi dove ha l’opportunità di vedere Guernica di Picasso, Tono disegna il Protogibbo, primo esempio di una lunga serie tematica di satira politica antifascista coadiuvata dal personaggio del Gibbo, una caricatura di Mussolini dalla fisionomia mostruosa/animalesca. Lo stesso artista racconterà come la prima ispirazione per questo personaggio sia nata dall’osservazione delle macchie d’umidità nella stanza di ospedale, dove viene ricoverato per mesi a causa di una malattia polmonare (L. Urettini, cit.)

. Accanto al Gibbo si anima un mondo di figure surreali e di denuncia sociale, composto da personaggi quali la Gibboncina o la Gibba Gaetana.

Antonio_Zancanaro_-_Padova

Busto di Antonio Zancanaro, 2009, Padova.

Fonte: Wikipedia

Un elemento importante all’interno della produzione dell’artista sono le didascalie e i motti, che accompagnano il disegno. Scrive in proposito Andrea Zanzotto:“Tono affronta poi, fra tanti impatti, anche quello con il mondo della parola: scritta ma pure in attesa fremente di farsi pronunciare. Per questo quasi tutte le sue opere tengono incorporati pastiche linguistici, motti di spirito/lapsus, note e noterelle, didascalie ammiccanti, da ricongiungersi a quello che è stato giustamente chiamato l’aspetto folenghiano del suo lavoro. È qualche cosa di altamente significativo, che costituisce un problema a parte, e che insieme tende a coordinarsi ai valori del tessuto grafico, a darsi come parte integrante di esso.” (Andrea Zanzotto, Testimonianza per Tono, in Tono Zancanaro. Mostra antologica 1931-1973, Bologna, 1973).

Tra gli altri cicli importanti nell’attività di Zancanaro si distingue, nel dopoguerra, quello dedicato alla Levana, la baccante dionisiaca Lenai, che gli era stata suggerita dall’amico Giorgio Rubinato. Seguono quindi altri cicli dedicati alle donne amate dall’artista, che Tono idealizza in una chiave erotica.

Nello stesso periodo si spinge a ricercare e sperimentare altre tecniche, in particolare l’incisione e l’acquaforte, ma anche la ceramica.

Il maggiore impegno di Tono nel dopoguerra si volge principalmente alla rappresentazione della realtà sociale delle classi popolari e, in particolare, dei contadini. Aderisce quindi alla corrente realista teorizzata da Renato Guttuso e, tra gli altri, dal suo amico Ernesto Treccani. Agli anni cinquanta risalgono le celebri serie dei Partigiani, dell’Alluvione del Polesine, delle Mondine di Roncoferraro, esemplari, insieme alle illustrazioni per le poesie di Meneghetti, della sua vocazione sociale. 

Nonostante il forte legame con la città natia, Padova, Tono viaggia molto in Italia e all'estero, fino in Cina dove si reca nel 1956 come membro di una delegazione di artisti italiani. Dopo la scomparsa dell’amico di lunga data Giorgio Rubinato e della madre, Colomba Zampiron, nel 1965, i viaggi di Zancanaro si intensificano ancor di più: abita per qualche tempo a Roma, in Sicilia, si reca spesso anche in Romagna dove scopre il mosaico, tecnica nella quale si cimenta creando svariate opere.

Negli ultimi anni della sua vita Tono si occupa di scenografia e del disegno dei costumi per diverse opere liriche dirette dal nipote, Sylvano Bussotti (1931-2021).

Dopo una carriera artistica segnata da numerosi premi e mostre monografiche, Tono Zancanaro muore il 3 giugno 1985 a Padova, all’età di 79 anni.


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