L'avvento della chimica in farmacia

print this page

Il percorso verso la definizione scientifica delle droghe si giova dei progressi della botanica sistematica, cui mise un punto fermo Linneo nel Settecento, e della chimica, che dopo l'impulso seicentesco di Paracelso, troverà il suo culmine nel secolo successivo.
Paracelso (Philipp Theophrast Bombast von Hohenheim 1493-1541) rigetta la teoria medica antica, ancora vigente, della malattia come scompenso dei quattro umori che regolano il corpo, cioè sangue, flemma, bile e atrabile, e con essa rifiuta le preparazioni galeniche collegate. Brucia pubblicamente il Canone di Avicenna.
Nella sua visione rinascimentale, l'uomo è parte della natura, microcosmo collegato al macrocosmo dell'universo, le cui forze vanno indagate con mezzi magico-alchemici, per leggerne i legami e scoprirne la quintessenza. In questa visione diventano fondamentali, anche nella malattia, da un lato l'influsso astrale, dall'altro la materia nei suoi componenti essenziali, che Paracelso identifica nei metalli (sale, piombo e mercurio).
In campo farmacologico, il lascito di Paracelso è lo scossone al dogmatismo galenico e la spinta verso la iatrochimica, "ossia l'uso terapeutico delle sostanze chimiche" (Ragazzi 2000 pp. 7-8) o spagirica, "dal greco spao e agheiro, ossia divido e unisco...il nuovo indirizzo terapeutico, basato prima sull'analisi dei corpi... e quindi sulla loro combinazione" (ivi), cioè il doppio processo chimico di analisi e sintesi. Operazioni dagli indubbi effetti pratici, le cui cause saranno indagate scientificamente dalla chimica che si afferma come disciplina dal Settecento. E' del 1675 la prima cattedra di chimica farmaceutica, a Montpellier.

 

L'affermazione chiara della spagirica si trova nella Pharmacopoeia medico-chymica del medico tedesco Johann Schröder (1600-1664), scopritore dell'arsenico, pubblicata nel 1641. Di grande diffusione, è conservata dalla Biblioteca di Scienze del Farmaco dell'Università di Padova nell'edizione commentata nel 1688 da Michael Ettmüller (1644-1683) (copia digitale). L'opera espone i semplici dei tre regni, vegetale, animale e minerale. In omaggio esplicito a Paracelso, considera le qualità dei semplici vegetali non solo secondo la tradizione, "caliditate, frigiditate &c." (p. 1), ma anche secondo altre qualità nascoste, "aliis occultis" (ivi), che sono determinate dalla loro composizione chimica, "determinandae sunt a mistura materiali seu textura minutissimarum particularum" (ivi). La qualità nascosta si manifesta dal sapore e dall'odore, rilasciati dalle particelle più sottili e volatili, presenti in percentuale diversa a seconda della concentrazione di olio e sale. I metalli vanno distinti in base alla loro purezza, determinata dalla consistenza acquisita quando si formano nelle viscere della terra, passando dalla forma liquida a quella solida "per debitam fermentationem" (p. 229). Se ne dà prova con la resistenza alla combustione. Il metallo più puro è l'oro. Schröder richiama le teorie di Paracelso del legame tra microcosmo e macrocosmo, calandolo nella corrispondenza tra i sette pianeti, i metalli e le parti del corpo umano. Così, il sole corrisponde all'oro e giova al cuore. La trasmutazione alchemica dei metalli, del mercurio in oro, il "lapis philosophicum" viene negato (p. 230). La descrizione dei semplici è corredata dal dettaglio delle operazioni chimiche da svolgere per la loro preparazione come medicinali. Per indicare gli elementi vengono usati i simboli alchemici, che derivano da quelli astrologici per i metalli, in base alla loro corrispondenza con i pianeti.

Nicolas Lémery (1645-1715), associa le competenze di chimico e farmacista. Sposta la chimica verso una visione meccanicistica, più legata all'aspetto corpuscolare che a quello alchemico di Paracelso, da sottoporre sempre alla verifica sperimentale. Il Cours de Chymie e la Pharmacopee universelle diventano testi di riferimento. A sostegno della Pharmacopee, Lemery pubblica nel 1698 il Dictionnaire universel des drogues simples, un elenco ragionato di droghe, conservato nell'edizione 1760 dalla Biblioteca di Scienze del Farmaco dell'Università di Padova (copia digitale). L'autore sottolinea l'importanza dell'identificazione corretta della droga, per evitare errori, sofisticazioni o abusi, talvolta dettati dall'interesse economico. Nella premessa, per le droghe minerali Lémery sgombra subito il campo della corrispondenza tra pianeti e parti del corpo malate, invitando a cercare delle cause più vicine, come la composizione chimica: "Mais ce n'est pas dans les influënces planétaires qu'il faut aller chercher les vertus des metaux; nous voyon des causes bien plus prochaines... comme à la disposition de leurs parties" (p. xii). Nel dizionario, però, la chimica compare poco, riservandone la trattazione più diffusa alla Pharmacopee. Il dizionario elenca le droghe in ordine alfabetico, e ne riporta nomenclatura, descrizione, virtù ed etimologia. La descrizione delle droghe vegetali si fa molto più precisa, in particolare delle parti utili alla determinazione della specie. Si descrive l'areale di diffusione delle piante e le parti da impiegare in farmacia. Sono messi a confronto i sinonimi adottati dai diversi autori. Così, per l'agnocasto, troviamo elencati Agnus Castus. Gesn. Hort. (Gessner), Salix amerina. Matth. (Mattioli), Vitex foliis angustioribus cannabis modo dispositis C.B. Pit. Tournef. (Bauhin e Tournefort). L'elenco è alfabetico, ma si raggruppano le piante della stessa specie. Le virtù della droga sono riportate in modo molto stringato: vomitiva, astringente, risolutiva, emetica, carminativa, digestiva, aperitiva, sudorifera, purgativa. Chiude la scheda l'etimologia del nome, che riassume una caratteristica della droga: "Aquila ab acumine, id est celeritate volatus", Chelidonia, dalla parola greca rondine, perchè l'uccello se ne serve per ristabilire la vista ai piccoli, Dentaria per la forma delle radici simile ai denti, Dulcamara dal gusto delle radici, Muscari dall'odore di muschio che emanano, Persica dalla provenienza geografica. In fondo al volume ci sono le illustrazioni delle principali droghe vegetali, animali e minerali. Sono rappresentate le parti della pianta utili all'identificazione della specie, radici, fusto, foglie e fiori, ma in modo molto succinto e schematico. Lo scarso realismo emerge soprattutto per gli animali (pl. XXV).