Contributo di Mirko Sossai, Università degli Studi Roma Tre
print this pageEnrico Catellani: la vicenda umana e il contributo intellettuale di un grande giurista padovano
Contributo di Mirko Sossai, Università degli Studi Roma Tre
La digitalizzazione delle opere di Enrico Catellani è l’occasione per riportare all’attenzione di un pubblico più vasto gli scritti di un grande e, per lungo tempo, dimenticato giurista. Successore del Maestro, l’Abate Giambattista Pertile, alla cattedra di diritto internazionale all’Università di Padova, fu membro dell’autorevole Institut de droit international. Sebbene inizialmente su posizioni neutraliste, servì nel Comando supremo durante il primo conflitto mondiale come consulente per le questioni di diritto bellico. Fu quindi nominato senatore del Regno nel 1920. Collocato a riposo per raggiunti limiti d’età nel 1931, rimase profondamente legato all’insegnamento e all’Ateneo patavino. Non scrisse mai un manuale di diritto internazionale, sebbene a Padova siano conservati vari tomi contenenti le lezioni diligentemente raccolte dagli studenti.
Era descritto come Maestro buono, efficace, animatore: in occasione del 25° anno di insegnamento, il giornale “Il Veneto” ne tratteggiava un ritratto da cui emergeva una persona modesta, riservata, cara ai suoi allievi “per la gentilezza squisita dei suoi modi”. Tenne corsi di storia dei trattati a Milano, alla Bocconi, e a Venezia.
Sul piano scientifico, appartiene alla “prima” generazione di internazionalisti, che si richiamava alla dottrina della nazionalità di Pasquale Stanislao Mancini. Finì dunque per rimanere in una posizione isolata nel panorama degli studi di diritto internazionale, a seguito della svolta impressa in Italia da Dionisio Anzilotti nel segno della diffusione di un rigoroso positivismo. In ogni caso, numerosi scritti di Catellani comparvero nella Rivista di diritto internazionale, fondata dallo stesso Anzilotti nel 1906 insieme con Arturo Ricci Busatti e Leone Adolfo Sinigallia. Tra Catellani e Anzilotti il confronto fu vivace, come dimostra il dibattito circa la “natura giuridica dei tribunali misti dell’Egitto” ospitato nella seconda annata della Rivista, nel 1907.
Fu descritto come "il più storico degli internazionalisti": questo spiega, almeno parzialmente, l’interesse con cui oggi si torna a leggere il lavoro di Catellani. Non a caso le lezioni da lui tenute all’Accademia di diritto internazionale dell’Aja nel 1933 sono dedicate ad una ricostruzione in chiave storica della dottrina italiana del XIX secolo. Presso la biblioteca di diritto internazionale di Padova è possibile consultare il dattiloscritto in lingua italiana delle lezioni, poi pubblicate in francese, con le correzioni a mano dell’autore.
Non si deve, tuttavia, avere l’idea di uno studioso con lo sguardo rivolto al passato: fu capace, al contrario, di cogliere le implicazioni giuridiche di fenomeni nuovi. A lui si deve una delle prime trattazioni in chiave sistematica del Diritto aereo, comparsa nel 1911 e tradotta in francese l’anno successivo. La fama di Catellani superò i confini nazionali: colpisce, ad esempio, che ben cinque sue opere furono oggetto di recensione nei primi dieci anni dell’American Journal of International Law.
Della sua vasta produzione scientifica – oltre 260 scritti – impressiona l’abilità ricostruttiva delle diverse impostazioni teoriche quale emerge nel volume Il diritto internazionale privato e i suoi recenti progressi. Al centro della riflessione di Catellani vi è la consapevolezza che “Tutta la storia del diritto internazionale privato si può riassumere in una lotta fra il principio dell’isolamento giuridico degli Stati e della territorialità delle leggi ed il principio della loro cooperazione giuridica”.
Soprattutto, resistono nel tempo le sue fondamentali opere di diritto coloniale - di cui va ricordata almeno Le colonie e la Conferenza di Berlino (1885) - che alla rigorosa analisi giuridica affiancano una non comune sensibilità per la ricostruzione storica e politica. Catellani è un autore imprescindibile per quegli studiosi, come Luigi Nuzzo, che recentemente hanno indagato il rapporto tra diritto internazionale e mondo coloniale. In Catellani, come è stato da altri evidenziato, “l’elogio della colonizzazione-civilizzazione non cancella la percezione del carattere oggettivamente violento della colonizzazione stessa; una colonizzazione che ha provocato, come l’autore non esita a ricordare, la decimazione di intere popolazioni”. Pioneristici sono gli studi di Catellani sulle questioni giuridiche legate alla penetrazione europea in estremo oriente, legati alla concessione italiana di Tientsin, in Cina.
In anni recenti, la riscoperta del pensiero di Catellani oltre i confini nazionali si deve soprattutto alla ricerca e alla ricerca e alla riflessione del giurista finlandese Martti Koskenniemi. Nel suo capolavoro The Gentle Civilizer of Nations: The Rise and Fall of International Law 1870–1960, comparso nel 2001 e di cui esiste una accurata traduzione italiana a cura di Lorenzo Gradoni e Paolo Turrini (Il mite civilizzatore delle nazioni, Laterza, 2012), Koskenniemi affida alla lucida analisi di Catellani il resoconto sullo stato del diritto internazionale all’inizio del XX secolo. Nel 1901, infatti, il Professore padovano scriveva sulla prestigiosa Revue Générale de Droit International Public, con una certa preoccupazione, di una tendenza che si era già palesata nel nuovo secolo, ossia il crescente ricorso alla forza per determinare il destino dei popoli. Mentre il diritto si stava allontanando dagli ideali di giustizia ed eguaglianza ancora prevalenti verso la metà dell’Ottocento, la fine del secolo si caratterizzava invece per una situazione di dominio imperiale, di metodica riduzione in schiavitù di intere popolazioni, di guerra. Così concludeva amaramente Catellani: “se nell’immediato futuro la società internazionale deve vivere e svilupparsi secondo la legge della lotta per la vita e della sopravvivenza del più forte, per quanto mi riguarda, spero soprattutto che il mio Paese non si troverà dal lato dei deboli e degli incapaci, destinati a soccombere e a scomparire”. Nei cupi presagi di Catellani, c’era la preoccupazione che la violenza e la sopraffazione trovassero giustificazione nelle teorie sociologiche del momento, basate sull'evoluzionismo darwiniano.
Non sorprende allora che il discorso inaugurale dell’anno accademico 1915-16 affidato al Prof. Catellani e letto nell’Aula Magna della Regia Università di Padova in una data a posteriori significativa, il 4 novembre 1915, fosse significativamente titolato Le costruzioni della dottrina e le ricostruzioni della storia. Le tragiche vicende della Grande guerra avevano animato il dibattito nell’opinione pubblica circa la crisi - se non la “bancarotta” - del diritto internazionale, incapace di prevenire la guerra e assicurarvi una regolamentazione tesa ad umanizzarla. Catellani, come altri colleghi internazionalisti, non si sottrasse al dibattito: parlò della “vicenda della grande illusione e della grande delusione, che si alternano nei giudizi dati volgarmente del diritto internazionale”. È un tema che mantiene ancor oggi grande attualità. Ecco allora la “difesa” del diritto internazionale da parte di Catellani. Leggiamo: “l’illuso e il deluso errano entrambi; il primo considerando quale società di diritto costituita in modo corrispondente alla costituzione di uno Stato, una società di fatto costituita solo in parte nella forma dell’associazione; l’altro lasciandosi indurre dalla dolorosa constatazione della inesistenza dello Stato degli Stati nel quale aveva fino a quel momento creduto, a rinnegare anche quella immanente socialità che esiste… che non resta del tutto senza efficacia pur durante la guerra, che deve riprendere la antecedente efficacia, sia pur nella imperfetta forma associativa e convenzionale, al ritorno della pace”. Quanto soprattutto al diritto di guerra, Catellani non poteva non rilevare in un altro scritto del tempo che esso deludeva le aspettative “poiché ne sopravvive quella parte non grande che risulta ancora corrispondere alle esigenze ed alle necessità delle pratica; mentre per tutto il resto prevale l’arbitrio individuale dei singoli Stati” .
Nella produzione di Enrico Catellani meriterebbero allora maggiore attenzione i suoi scritti sul tema della guerra e della pace, a partire dal volume Realtà e Utopie della pace, del 1899. Con altri giuristi - tra cui Pasquale Fiore e Guido Fusinato - ebbe buoni rapporti con il Premio Nobel per la pace Ernesto Teodoro Moneta, seppure rimase critico rospetto agli entusiasmi del movimento pacifista, soprattutto nei confronti dell'arbitrato internazionale come strumento efficace per scongiurare la guerra.
Durante il conflitto mondiale del 1915-1918, partecipò attivamente come consulente giuridico del Comando supremo italiano. Pubblicò un pamphlet prima in italiano e poi in traduzione inglese e francese, dal titolo L’Italia e l’Austria in guerra. L’intento anti-austriaco della pubblicazione è chiaro: “offrire una conoscenza esatta del contrasto fra la condotta nostra e quella del nostro nemico”. Al netto di alcuni passaggi dichiaratamente propagandistici, resta l’impressione di un’analisi dei fatti condotta alla luce di una rigorosa applicazione delle norme del diritto di guerra. Così, quando al termine del conflitto, verrà costituita la Reale Commissione d’inchiesta sulle violazioni del diritto delle genti commesse dal nemico, la relazione finale non potrà che attingere a piene mani al lavoro di Catellani.
Vari scritti successivi sono quindi dedicati al tema delle vie per la pace e alla genesi della Società delle Nazioni: non mancano i rilievi critici rispetto difficoltà e alle imperfezioni dell’organizzazione, pur riconoscendo l’ideale della Società delle Nazioni come “garanzia di sicurezza per l’Europa”, nonché “promessa di pace per il mondo”.
A conclusione della sua carriera accademica, ebbe l’onore di essere insignito di una laurea honoris causa a Cambridge nel luglio 1931, insieme a giuristi del calibro dello statunitense James Brown Scott e del greco Nicolas Politis. Colpito dalle leggi razziali, si ritirò a vita privata e solitaria nella sua casa di Padova, dove morì “tragicamente e miseramente” a distanza di poche ore dalla moglie nel gennaio del 1945. Anton Maria Bettanini, suo allievo, nella commemorazione tenuta il 16 Maggio 1947 all’Università di Padova, auspicava che “la Scuola di perenne culto ne circordi la immacolata memoria”. Per decenni su Enrico Catellani è invece calato l’oblio e il silenzio. La circolazione digitale delle sue opere e la crescente attenzione degli studiosi allo sviluppo della scienza del diritto internazionale in Italia offrono finalmente nuova luce alla vicenda umana e allo straordinario contributo intellettuale di questo grande giurista patavino.