Uscendo dalla Grande Guerra vuole essere una mostra documentaria e iconografica che indaga il rapporto tra l'Università degli Studi di Padova, allora Regia Università, ed il contesto storico, sociale e culturale cittadino che viene a crearsi durante la Prima guerra mondiale. Si tratta di un momento e di un coinvolgimento oltremodo significativi, con interessanti peculiarità che si tenterà di narrare attraverso una prospettiva visiva, per mettere in luce il loro modo di rappresentarsi.
A principio di questo racconto, senza affondare troppo nelle profonde radici dell'Università che si innervano nel territorio urbano, è l'8 febbraio 1848: una data più volte additata quale momento in cui individuare la genesi di un nuovo ruolo degli studenti universitari in città. In questo fatidico giorno, si assiste alla dimostrazione pubblica di uno spirito combattivo che vuole insorgere contro il "nemico", l'occupatore austriaco, per riaffermare i valori italiani. Una sommossa che straripa dallo spiazzo compreso tra il Caffè Pedrocchi e il Palazzo del Bo, in uno dei cuori della storia patavina, portando infine alla ritirata degli austriaci.
Una lapide appesa proprio al palazzo universitario ricorda tale vicenda, fissata nell'immaginario collettivo da una delle rappresentazioni più emblematiche della storia risorgimentale del Veneto
Il ruolo attivo degli studenti viene riconfermato nell'istituzione, di poco successiva, di una Guardia Civica su base volontaria: molti di loro si arruolano infatti tra le sue file, così come anche nella Legione dei Crociati padovani. Si intravedono così i chiari segnali di una diffusa mobilitazione armata tra gli studenti, oltre che tra i cittadini padovani, a rispecchiare una sempre più sentita volontà di impugnare le armi per difendere dei valori comuni.
Nel corso della seconda metà dell'Ottocento, questo stesso spirito si consoliderà, proseguendo oltre lo scoppio del primo conflitto mondiale, tra slanci irredentisti e la creazione del cosiddetto Battaglione di San Giusto, composto esclusivamente da volontari, tra i cui nomi figurano Beniamino Romagnoli, Raffaele Cantoni, Claudio Suvich e Dario Lowy, per citarne alcuni.
Molti sono gli studenti che si arruolano in quest'occasione, circa 1200 secondo quanto riporta il magnifico rettore Ferdinando Lori nel suo discorso inaugurale per l'anno accademico, tenuto il 4 novembre 1916 in Aula Magna. È uno spirito che emergerà anche nel dopoguerra, quando, accanto alle celebrazioni per la vittoria conseguita, verrà declinato nel sacrificio eroico degli studenti caduti e nel loro ricordo.
In quest'ottica, la commemorazione si fa retorica, come esemplificato nel monumento scelto come immagine d'apertura della nostra mostra: i battenti del Portone bronzeo del palazzo universitario, che aprono alla comunicazione il Cortile antico del Bo, prestigiosa sede dell'Ateneo, con la città, e nello specifico con via VIII febbraio 1848 (come viene denominata nel 1899), una volta chiusi rivelano un lessico fortemente simbolico. Simbolo poiché viene consacrata la memoria degli studenti caduti, unendo Università e città in un dialogo focalizzato su quel sacrificio eroico, fissandolo in quello stesso luogo che aveva vissuto la prima manifestazione di quel medesimo spirito.