Le ricette delle scuole araba e salernitana: il Grabadin e l'Antidotarium Nicolai

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Nell'antologia veneziana del 1623 è pubblicato il Grabadin, un ricettario del XII secolo della scuola araba, attribuito allo stesso pseudo Mesue (m. 1015) del De simplicibus: è un antidotario, come si traduce il titolo arabo e come venivano chiamate queste opere. Si mettono a confronto le successive versioni dei diversi preparati: elettuari, soluzioni, decotti, infusi, empiastri, sciroppi, unguenti, oli, pillole, trocisci (pasticche). "Si faceva, nel Cinquecento, grande consumo di acque distillate nei banchetti per lavarsi le mani, essendo sconosciuto o poco noto l'uso della forchetta" (Conci p. 145). Gli sciroppi avevano grande fortuna nella farmacia ed avevano numerose varianti, nella consistenza, più densa nel looch, o nella composizione, con zucchero (oxizacchara, roob, giulebbe) o miele (melliti, ossimiele). Decotti, tisane e infusi avevano una preparazione esperta, poco diversa da quella attuale, in cui il sapere pratico indicava già con precisione i tempi di estrazione adatti al tipo di droga. Gli elettuari o lattovari erano preparati più complessi che mischiavano polveri di svariate droghe, addensate con zucchero o miele. Molti nomi di elettuari iniziano con il prefisso greco Dia- seguito dall'ingrediente prevalente, attraverso cui (dia-) agisce, come il Diacydonium ricavato dalle mele cotogne (Cydonia oblonga). Il principe degli elettuari è la teriaca. Oli e unguenti sono le forme farmaceutiche più antiche. Oltre all'olio di oliva, si citano l'olio di mandorla, di semi, come la canapa, o gli olii con impressione di droghe, sia vegetali, come quello al timo o alle viole, sia animali, come l'olio allo scorpione, potente diuretico contro i calcoli (lapides, pietre) "provocat urinam et subtiliat ac frangit lapidem in vesica" (p. 192). Con l'olio si ricavano unguenti, empiastri e cerotti (allora cerati, perchè composti con cera).
Per alcune ricette del Grabadin il commentatore moderno annota "non est in usu" oppure "frequentissimum est". Si riportano i nomi diversi dei medicamenti "vulgo dicitur". Si suggeriscono varianti. Ci si arrovella sull'identificazione delle piante: "In his patres nostri magnopere errabant, sylvestris rosae fructum supponentes, tu vero intellige spinam albam, & arabicam" (c. 141r) e si confrontano le etimologie, come sullo zafferano "Crocus nobis Arabica voce Zahafaran, parum corrupta safran dicitur" (p. 197r). L'indicazione terapeutica è stringata, ma segue un libro con l'esposizione inversa, cioè delle parti del corpo e loro malattie e dei rimedi consigliati.

Il farmacista deve orientarsi tra ingedienti, dosi e preparazione, nella varietà delle ricette trasmesse dalla tradizione. Talvolta, per mettere ordine e prescrivere la norma da seguire, interviene l'autorità tramite i Collegi professionali, che si costituiscono via via che il lavoro del farmacista acquisisce un profilo autonomo.
Nell'antologia veneziana del 1623 è pubblicato anche l'Antidotarium Nicolai, di Niccolò da Salerno (fl. 1140). Composto nell'ambito della Scuola salernitana, l'Antidotario divenne una sorta di farmacopea europea, perché per volere di Federico II con le Costituzioni di Melfi del 1231 fu "il libro normativo per i medici e i farmacisti" (Conci p. 209), la raccolta ufficiale delle ricette: una farmacopea, appunto. Nella stessa legge l'Imperatore riconosce la Scuola salernitana come centro della formazione ufficiale di medici e farmacisti, necessaria per esercitare. Tale è l'intento didattico dichiarato all'inizio dell'Antidotario: "Ego Nicolaus rogatus a quibusdam in practica medicina studere volentibus... eis tradidi doctrinam" (Io, Niccolò, richiesto da alcuni che volevano studiare la medicina pratica... gli trasmisi la dottrina) (pt. 2, c. 159v). Vi si espongono le tecniche di preparazione e le modalità di prescrizione e somministrazione dei medicinali adeguati alle patologie: "doctrinam in qua de singulis usualium medicinarum... conficere scirent, et quantum de unoquoque genere gummarum, herbarum, seminum, et specierum, inter omnem medicinas subscriptas acciperent, eis scilicet in scriptis redigerem, necnon quibus aegritudinibus proprie ipsae medicinae probatae fuerint" (ivi). Le composizioni comprendono ingredienti vegetali, animali (miele, corna di cervo, coralli, cavallucci marini, vipere, mummie) e minerali (diamanti, oro, argento, ambra, magnete). Di ogni ingrediente viene data una spiegazione delle qualità, delle parti da raccogliere, della conservazione, della tecnica di preparazione. I medicamenti sono esposti in ordine alfabetico con il nome tradizionale della ricetta, tra cui ricordiamo l'Athanasia (id est immortalis), utile più a fermare le emorragie che all'immortalità, e l'Antimoron (contra mortem), un antidolorifico, l'Evangelon (id est nuntium bonum) febbrifugo, il Diacamereon (i. ducens hominem de morte ad vitam), l'Electuarium laetificans, il Catharticum imperiale (idest laxativum pro imperatoribus), un lassativo che, oltre che agli imperatori, può giovare anche ad altri uomini delicati, soprattutto agli obesi "pro aliis delicatis hominibus et praecipue pinguibus hominibus". I principi delle ricette sono il Mitridato e la Teriaca. Un commento aggiornato segue ogni ricetta. Per la somministrazione, si suggerisce il tempo adeguato, di mattina o di sera, prima o dopo pranzo e cena, e le modalità di assunzione, spesso con vino caldo, oppure in decozione, o da fiuto, o per fumigazione durante un bagno caldo. Dalla pratica di cura della Scuola salernitana arriva la spugna soporifera anestetica.