Le epidemie

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Le grandi epidemie decimarono a più riprese nella storia la popolazione europea. Anticamente si trattava di peste e lebbra. Gli italiani calavano dai più di 7 milioni del I secolo ai 4 milioni del 500 d.C. fino ai 2,5 del 650, dopo la peste giustinianea del 543 d.C. Le grandi pestilenze venivano favorite dagli spostamenti di truppe e dai traffici, che agivano sulle difese immunitarie degli individui, tanto più precarie quanto più associate a condizioni di malnutrizione o scarsa igiene.

La popolazione europea era cresciuta lentamente dai 26 milioni dell'VIII secolo agli 80 dell'inizio del XIV secolo, ma questa crescita fu interrotta dalla peste nera di metà Trecento, che ridusse la popolazione di più del 25%. La ripresa del Cinquecento fu bloccata dalla Guerra dei Trent'anni e da due grandi epidemie di peste, quella manzoniana del 1630 e quella del 1664. Sommati al vaiolo e al tifo petecchiale, questi cataclismi produssero un drastico calo demografico, che si invertì solo a fine Seicento con il miglioramento della nutrizione e la scomparsa della peste dall'Europa. Si passò dai 140 milioni del 1750 ai 250 milioni del 1845 (Fenner p. 229).

Le epidemie costituirono l'involontaria arma vincente di sterminio nella conquista delle Americhe. "I killer più efficaci furono i germi portati dagli europei, ai quali i nativi non erano mai stati esposti, e ai quali non avevano resistenze di tipo immunitario e genetico" (Diamond p. 163). A causa del vaiolo, ad esempio, in un secolo gli abitanti del Messico precolombiano passarono da 20 milioni a poco più di un milione e mezzo.